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Una generazione in guerra perpetua

Simonetta Sciandivasci

I millennial e i loro figli saranno le prime vittime della recessione che verrà

Dice l’Atlantic che i millennial sono fregati. E chi è millennial, abituato com’è, da quando ha iniziato a essere adulto, a sentire che è figlio della crisi, che sarà più povero dei suoi genitori, che farà meno figli o non ne farà affatto, che non sa amare perché non può amare, abituato a vedere il crollo di tutto (occidente, famiglia, lavoro), pensa, ma sì, lo so, in fondo il peggio è passato. E invece no, potrebbe essere che il meglio sia passato, e quindi che quello che finora sembrava il peggio possa sprofondare ancora, e ancora. La recessione che la Casa Bianca continua a negare sembra più che mai probabile e se pure potrebbe non essere un argomento centrale nella prossima campagna elettorale e quindi non ledere in modo decisivo Donald Trump perché, come ha scritto Daniele Raineri su questo giornale, la maggior parte degli economisti ne prevede il picco a partire dal 2021, il suo spettro assesterà l’ennesimo colpo, forse il più forte, ai trenta-quarantenni, richiudendo così il piccolo spiraglio che si erano faticosamente andati ad aprire, inventandosi lavori, mercati, economie alternative.

 

Non che per il resto della popolazione statunitense e mondiale non ci saranno conseguenze, ma le più catastrofiche pare che toccheranno a loro, ai giovani vecchi per i quali la stabilità è tutta un attimo. Localizziamo meglio: i “fregati” saranno i giovani tra i 22 e i 38 anni, quelli per i quali, in fondo, scrive sempre l’Atlantic, “la recessione non è mai finita” – ci vorrebbe un nome generazionale più adatto, in effetti, per indicare quelli per cui la guerra non è mai finita. Se recessione sarà, questi qui non solo non avranno risparmi con cui ammortizzare, ma perderanno le già minime chance che avevano di accumularne qualcuno. Parliamo di persone che sono entrate soltanto in minima parte nel mercato immobiliare, che non hanno potuto investire in molto di più che nella possibilità di arrivare a fine mese, che si sono mostruosamente indebitati per pagarsi un’istruzione che non ha dato il rendimento sperato, e che hanno lavorato per datori di lavoro che non sono stati capaci (o non hanno avuto la possibilità?) di offrire loro piani di risparmio previdenziale. Qualche effetto: nel 2001, gli americani under 35 che possedevano titoli erano il 55 per cento, lo scorso anno non superavano il 37 per cento; il patrimonio netto di una famiglia millennial (esemplari rari ma preziosi, piccoli già grandi in mezzo a un oceano di Dolci Remì) è inferiore del 40 per cento rispetto a quello di chi li ha preceduti (la generazione X, che i travagli li aveva, ma erano più che altro esistenziali, e scegliete cos’è peggio o meglio).

 

I soli che potrebbero non risentirne e, anzi, persino avanzare indisturbati e vivere nel benessere, secondo Credit Suisse, saranno i lavoratori di due settori, tecnologia e finanza, purché siano lavoratori di alto livello. Insomma, quello che s’è sempre detto e mai condannato intelligentemente, e cioè evitando brigate ideologiche contro il capitalismo alla maniera dei decrescisti, è che andranno avanti gli eccellenti (diventati tali più grazie ai mezzi ereditati che per merito). Se recessione sarà, i trenta-quarantenni normali, proprio le persone normali dei romanzi di Sally Rooney, quelli preparati, colti, iellati, sfiduciati e bloccati rimanderanno ulteriormente il passaggio all’età adulta, compresi gli investimenti e i risparmi che si dovrebbero mettere insieme per garantirsi una vecchiaia almeno dignitosa. E non finisce qui (scusate). Scrive sempre l’Atlantic che se anche nel giro di pochi anni i millennial dovessero recuperare tutto, diventare finalmente investitori, imprenditori, o anche solo semplice ceto medio risparmiatore, e smetterla di pagare il futuro degli anziani anziché il proprio, chi verrà dopo di loro sarà nei guai. La generazione Z, insomma, rischia di vedersela addirittura peggio e di raccogliere il testimone in questa decennale staffetta di sfiga. Sarà una recessione bellissima, se recessione sarà.