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Natale a mano armata

Giovanni Battistuzzi

Se durante le festività natalizie aumentano i furti, sembrano fortunatamente essere scomparse le rapine nelle banche. Eppure per quasi un secolo fu un'evento fisso del Natale (non solo americano)

Che il Natale renda tutti più buoni è probabilmente una speranza, sicuramente un augurio, certamente un errore. Le vacanze natalizie sono il periodo dell’anno nel quale avvengono il maggior numero di furti nei negozi e negli appartamenti. Sarà che la gente ha più contanti per le mani (e soprattutto in casa), sarà che chi non li ha li vorrebbe avere, sarà che le forze dell’ordine sono impegnate nel presidiare i luoghi pubblici e quindi i ladri credono di aver vita più facile nelle abitazioni private, tant’è che si ruba di più e meglio. E sempre di più. In Inghilterra, tra dicembre e gennaio, i furti in appartamento sono passati dai 11.804 nel 2016 ai 15.148 nel 2017, le rapine negli esercizi pubblici da 674 a 918. Francia e Germania hanno fatto segnare un aumento rispettivamente dello 0,1 e 0,9 per cento, in Italia i dati non sono disponibili.

 

Ma se i furti in casa sono in aumento, calano i tentativi di rapina in banca (e non solo a Natale). C'entra sicuramente il miglioramento delle misure di sicurezza legate ad accorgimenti tecnici che rendono quasi impossibile il colpo. E così, da anni le cronache non riportano più notizie di malviventi che cercano di entrare in istituti bancari nei giorni natalizi. Un’attività che, nei decenni passati, era invece molto in voga. Qualche volta finì malissimo, qualche volta si concluse con un insperato finale. Sicuramente a un ragazzino cambiò la vita.

 

Era da mesi che Nathan Allen studiava il suo piano, che valutava tempistiche e alternative, che accumulava materiale e informazioni. Nella sua testa si vedeva già ricco e sdraiato su di una spiaggia ai Caraibi a godersi il sole e la vita. Non aveva nessun motivo per starsene ancora nella sua città, coi genitori non parlava da un’eternità, la ragazza non ce l’aveva e neppure un figlio. Gli rimanevano due amici, spiantati come lui, ma quelli se li sarebbe portati dietro. D’altra parte aveva avuto l’idea del secolo, mica poteva andar male.

  

Tutto era pronto. Una barca colma di carburante ormeggiata in un piccolo porticciolo in città, un canale sotterraneo già scavato, una valigia di esplosivo, qualche mitra casomai servissero, alcune borse da riempire con qualche milione di dollari. Un appuntamento alle nove di sera, una birra con i soci, qualche chiacchiera e poi via sotto la banca. Si erano travestiti da Babbo Natale perché davanti l’International Bank of commerce di Corpus Christi, Texas, dalla mezzanotte in poi, ci sarebbe stata la tradizionale festa in piazza della città.

  

Nathan Allen e compagnia sognavano i Caraibi, si ritrovarono in prigione. O meglio: solo il ragazzo venne arrestato. Perché uno dei soci riuscì a in qualche modo scappare, mentre l’altro, che si era venduto gli altri due “amici” già da qualche giorno, venne rilasciato poche ore dopo. Nathan Allen è uscito mercoledì 13 dicembre dopo venti anni di carcere e come prima cosa è stato invitato a partecipare alla festa della banca che voleva rapinare. In questi vent’anni ha studiato, si è diplomato e laureato e il direttore della filiale lo ha voluto assumere. Nathan Allen ha detto di essere cambiato, ma di non essersi mai pentito di quello che ha fatto: “E’ stato un regalo del Natale. Mi ha fatto ritrovare la via giusta”.

 

In molti prima di Allen hanno cercato di farsi un regalo a Natale svaligiando una banca. In pochi sono riusciti a farcela.

Erano gli anni Settanta dell’Ottocento, quando a Parigi un ladro con una lunga barba bianca riuscì a portare via tutti i gioielli contenuti nei caveau secondari del Comptoir national d'escompte de Paris, allora l’istituto di credito più ricco della capitale francese. Per anni gente comune e scrittori fantasticarono sul colpo del secolo, come lo definì Alexandre Dumas figlio. Lo scrittore ci fantasticò parecchio su, avanzò ipotesi sull'esecutore del gesto. Sbagliò ogni ipotesi. Morì senza sapere chi fosse stato. Fu solo in punto di morte, nel 1902, che il grande ladro americano Adam Worth confessò di essere stato lui a fare il colpo e di aver sfruttato la confusione dei festeggiamenti della notte di Natale per metterlo a segno.

  

Andò peggio al bandito Elias Rufin nel 1910 quando provò a rifare ciò che era riuscito a Worth. Travestito da Père Noël, con barba e abito verde (il rosso subentrò solo nel dopoguerra come colore di Babbo Natale) fece irruzione alla Ruffer & sons. Finì impallinato con trentadue proiettili esplosi da alcuni gendarmi che passavano di là per caso.

  

Ancor peggio finì la storia della rapina di Babbo Natale, quella che Nathan Allen non conosceva, quella che Nathan Allen apprese in carcere da un certo Adrian Ratliff, lontano parente del Marshall che la vigilia di Natale entrò nella First National Bank a Cisco, Texas, vestito da Santa Claus e assieme a Henry Helms, Robert Hill e Louis Davis provò a svaligiare l’istituto di credito. Finì con due bambini presi in ostaggio, due borse piene di dollari, duemila proiettili nei muri della banca, quattro morti e una fuga di un giorno per le zone limitrofe di Cisco. Per anni quella fu “la vergogna texana”, “la rapina della morte”. Fu un fatto di cronaca nera che segnò profondamente il Texas e che dallo stato iniziò a raggiungere tutta l’America. Truman Capote per anni provò a romanzare questa storia, farne un bestseller. Non riuscì ad andare oltre le prime dieci pagine. “E’ una storia che mi affascina a tal punto da mettermi in difficoltà. C’è tutto: c’è il Natale, la perfidia, la voglia di rivalsa, una ferocia superiore anche a quella di Billy the Kid”, scrisse a George Plimpton che si offrì di ospitare un estratto della storia sulla Paris Review. “Il problema è che è da dieci mesi che riscrivo la stessa scena come fossi rimbecillito”. Capote quella storia non la raccontò mai. 

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