Il medico congolese Denis Mukwege vincitore del premio Nobel per la Pace (foto LaPresse)

Uno strano Nobel per la Pace, il cristiano “figlio” del fardello dell'uomo bianco

Giulio Meotti

Quello che non si dice del medico congolese Mukwege

Roma. Assieme alla yazida irachena Nadia Murad, il dottor Denis Mukwege sembra il Nobel della Pace perfetto per il suo tempo: la violenza sulle donne e gli stupri, il Terzo Mondo, l’umanitarismo e i vecchi sensi di colpa della colonizzazione europea. Il mondo intero sta parlando di lui, ma pochi ne stanno evocando la fede cristiana che è invece l’elemento decisivo nella sua biografia.

 

“Nel salone dell’hotel parigino dove lo incontriamo”, si legge su Famille Chrétienne, “il medico appoggia una Bibbia sul tavolo”. Noto anche come “dottor Miracolo” e “l’uomo che ripara le donne”, Mukwege è figlio di genitori che furono convertiti al cristianesimo proprio da missionari europei. Il suo ospedale congolese, Panzi, è gestito dalle Chiese pentecostali dell’Africa centrale, che tanta stampa occidentale per anni ha accusato di “fondamentalismo” e che furono fondate nel 1921 dai primi missionari europei. “Spetta a noi, gli eredi di Martin Lutero, attraverso la Parola di Dio, esorcizzare tutti i dèmoni che possiedono il mondo in modo che le donne vittime della barbarie maschile possano sperimentare il regno di Dio nelle loro vite”, ha detto Mukwege a una conferenza luterana.

 

Gran parte dei fondi all’ospedale del Nobel arrivano dalle ong cristiane occidentali attive in Africa. “L’incredibile lavoro di Mukwege con i sopravvissuti delle violenze sessuali nella Repubblica Democratica del Congo mi ispira e ispira molti di noi”, ha detto ieri Rick Santos, presidente e amministratore delegato della Ima World Health, la ong cristiana che fornisce aiuti in Africa. “Siamo onorati di avere lui e l’ospedale di Panzi fra i nostri partner”.

 

Mukwege è in Francia a presentare il libro di Nicolas Fouquet Ils ont aimé leur prochain, una serie di ritratti di filantropi cristiani (fra cui il deputato inglese e devotissimo cristiano William Wilberforce, che abolì la schiavitù) e di cui il Nobel congolese ha scritto la prefazione. Da bambino, Denis fece visita ai malati con il padre, che era diventato un pastore, e lo vide pregare per loro. “Perché non gli dai la medicina?”, chiese il bambino. “Perché non sono un dottore”, rispose il padre. Il futuro Nobel studierà grazie ai fondi e all’aiuto dei cristiani svedesi. “La nostra società missionaria ha finanziato i suoi studi di ginecologia in Francia”, ha detto ieri Maria Bard, responsabile del braccio umanitario della Chiesa pentecostale svedese.

 

“Era intriso di cultura scandinava”

Dopo gli studi ad Angers, in Francia, Mukwege torna in Congo, dove lavora presso l’ospedale di Lemera, fondato anch’esso dai missionari svedesi. “Mi sentivo come paracadutato in un villaggio svedese in mezzo alle montagne” racconterà nella sua autobiografia. “Con quaranta missionari svedesi sul posto, la vita era profondamente intrisa di cultura scandinava. Questa atmosfera risale al 1924 e all’arrivo dei primi evangelisti alla vigilia di Natale. Il re della zona aveva detto loro che una certa collina era dove potevano stabilirsi. Gli aveva fatto questo dono e non senza pensarci due volte. Poiché la collina era deserta, la popolazione credeva che fosse abitata da spiriti malvagi e che questi stranieri non avrebbero messo radici”. Al ricevimento del Premio Olof Palme in Svezia, Mukwege ha tenuto un tributo ai “cinque missionari” svedesi morti in Congo.

 

Denis Mukwege è anche un pastore. Ogni mattina, in ospedale, officia il culto cristiano. La chiesa di Mukwege ha seimila partecipanti al culto domenicale. “L’impegno di cristiani, cattolici o protestanti, nel mio paese è lento e vorremmo che la chiesa fosse più presente” ha denunciato il medico. “E’ un’arma di guerra satanica, che distrugge la donna e il suo entourage, attaccando la chiesa, la cui unità di base è la famiglia”, così invece definito lo stupro di guerra.

Quest’anno è stato davvero uno “strano” premio Nobel per la Pace. Un medico cristiano e una sopravvissuta dei jihadisti. Il “fardello dell’uomo bianco” non ha poi fatto soltanto danni. Mukwege deve tutta la sua carriera agli aiuti occidentali e il popolo di Nadia Murad è stato salvato dal nostro intervento militare, seppur tardivo.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.