Matteo Salvini ed Elisa Isoardi (foto LaPresse)

A incivilire i leader sovranisti ci sono le donne. Altro che machismo

Simonetta Sciandivasci

Sui diritti civili vigilano Elisa Isoardi e Kim Kardashian

Una first lady ci vuole. Per stemperare il presidente, specie se diplomaticamente scostumato; per vigilare sulla sua agenda; per garantire sulle sue buone intenzioni e perfino sul suo buon cuore. “Matteo è una persona intelligente e sensibile, è solo all’inizio, al di là delle ideologie e degli opportunismi elettorali, credo che sia necessario iniziare al più presto anche a parlare di diritti civili”, ha detto Elisa Isoardi a OGGI, trasformando certe uscite del ministro dell’Interno e del suo sodale ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana (“le famiglie gay non esistono”; “niente fritti misti”) in un brutto ricordo. Una first lady ci vuole, anche se tecnicamente first lady non è (non formalizziamoci, siamo o no nel tempo dell’uno vale uno?).

 

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On vacay he just likes to sleep but I got him out for 5 mins for a pic

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Melania Trump spala l’orto della Casa Bianca in Louboutin e Valentino e si spera ritrovi senno e cipiglio; Michelle Obama può farsi offrire le caramelle da Bush durante il funerale di McCain e del “conservatorismo romantico” senza sembrare fuori luogo, ma per Melania non vale, non varrà mai il contrario: non potrà mai essere tanto trasversale. Pertanto, ad assolvere al ruolo ci pensa Kim Kardashian, che mercoledì è tornata alla Casa Bianca per discutere la riforma della giustizia penale insieme a Ivanka Trump e Jared Kushner e pare sia a lavoro per tirar fuori di prigione Chris Young, un giovanotto arrestato nel 2010 e condannato all’ergastolo per possesso di cocaina.

 

Non sarebbe la prima volta: qualche mese fa, Kardashian aveva convinto Donald Trump a graziare Alice Marie Johnson, una sessantaduenne ergastolana, in prigione da vent’anni, anche lei per crimini di droga. “Tutto è cominciato con la signora Alice, ma guardandola e ascoltando le storie delle donne e degli uomini che ho incontrato nelle prigioni ho capito che non mi sarei mai potuta fermare a una sola persona. E’ tempo per un reale cambiamento del sistema”, ha twittato, mercoledì, dalla Casa Bianca (in Italia ci siamo preoccupati più che altro di dar notizia del fatto che, in questo periodo, la signora West ha un problema al polso e il suo medico le ha proibito di farsi selfie).

  

A proposito del signor Kanye West (in Kardashian), è fondamentale ricordare che, la scorsa primavera, s’era molto discusso dei suoi tweet d’ammirazione e approvazione indirizzati al presidente americano (“La folla non può impedirmi di amarlo, siamo fratelli”, con tanto di retweet di The Donald), del cappellino rosso con su scritto “Make America Great Again” con il quale s’era fatto fotografare per le strade di Los Angeles, dell’intervista a Tmz nella quale aveva parlato della tratta dei negri in questi termini: “Quattrocento anni di schiavitù suonano come una scelta”. La devota Kim aveva tentato di arginare il guaio scrivendo su Twitter che, fatta salva la libertà d’opinione, le premeva ribadire come su Trump anche lei avesse opinioni divergenti da quelle di suo marito. Ma Kim Kardashian non avrebbe mai e poi mai potuto accontentarsi di un ruolo da comprimaria, di far la paciera, la zattera in un mare tumultuoso come quello di Twitter.

 

Così, disintermediazione incarnata che non è altro, ha portato alla Casa Bianca le istanze di giustizia di tutti i cittadini statunitensi e ha offerto a Trump l’occasione di mostrarsi tanto aperto e disponibile da comprendere che lei è l’America e, pertanto, va ascoltata e pure consultata. Indorando l’immagine di Trump, Kim ne ha fatto anche un amico, un “fratello” più presentabile e, per la proprietà transitiva del “siamo come chi ammiriamo”, ha ripulito pure l’immagine di suo marito. Cosa sarebbero, questi sovranisti dalla virilità arcaica, questi mai troppo pentiti promotori della subalternità femminile, questi maschi che dicono di voler servire il popolo con l’ardore machista dei tiranni, che fine farebbero se, a cancellare la sgradevolezza dei loro proclami, l’inumanità delle loro idee, l’irragionevolezza delle loro boutade, non ci fossero le loro donne? Senza una donna, il maschio sovranista è perduto. Ed è un bel cortocircuito.