Il robot delle pillole abortive

Così in Irlanda del nord l'aborto è diventato un lavoro per i robot

Antonio Gurrado

Nel paese è vietato praticare l’interruzione di gravidanza. Un gruppo di femministe ha deciso di aggirare la legge facendo distribuire pillole abortive a un robot

Giovedì 31 maggio all’ora di pranzo la polizia nordirlandese ha arrestato un robot abortista. È stato il culmine di una singolare giornata che a Belfast ha visto scontrarsi due diverse concezioni della giustizia: una più spirituale, che la individua in ciò che secondo la morale è corretto, e una più letterale, che la limita a ciò che è consentito dalla legge. Su questo sottile crinale si è mossa l’associazione femminista olandese Women on Waves, che ha organizzato un’inedita protesta pro-choice facendo distribuire da questo robot delle pillole abortive. Per un curioso intreccio del diritto consuetudinario, nell’Ulster non vige la norma che dal 1967 ha depenalizzato l’aborto nel resto del Regno Unito, così che in linea teorica ogni azione finalizzata all’aborto su territorio nordirlandese vada considerata penalmente perseguibile.

 

Se si scende però a quanto è espressamente scritto nei codicilli, l’iniziativa sfrutta delle falle nella legislazione che consentono di evidenziare almeno tre questioni etiche di una certa rilevanza, su cui Women on Waves ha giocato con sagacia fin quasi cinica. Anzitutto l’associazione ha sostenuto che il robot non violasse la legge perché manovrato da un medico ad Amsterdam, dove l’aborto è perfettamente legale. Apparentemente impeccabile, questo assunto contrasta però con l’idea che per decidere la criminosità di un atto conti la giurisdizione in cui è stato commesso; scaricando la responsabilità dell’azione del robot su chi lo manovra da remoto, viene posto il problema dello iato fra le due giurisdizioni e avanza il rischio che azioni compiute tramite l’intelligenza artificiale possano godere di per sé dell’extraterritorialità. Rubare un portafoglio con un braccio meccanico manovrato da un luogo in cui il furto è consentito garantirebbe dunque l’innocenza.

 

In secondo luogo, in Nord Irlanda non sono fuori legge i principii attivi dei medicinali abortivi (il Misoprostolo e il Mifepristone, nello specifico) bensì l’atto di abortire. È un’altra capziosa distinzione attorno a cui è stata costruita la manifestazione: teoricamente, assumere questi medicinali è legale a meno di essere incinta. Se non che, per la flagranza di reato, bisognerebbe dimostrare che la donna li abbia assunti durante la gravidanza; ma non la si può né sottoporre a un test per certificarne lo stato interessante, in quanto ciò violerebbe i diritti umani riconosciuti in tutta Europa, né le sue condizioni di salute possono essere rese note in un processo senza infrangerne il diritto alla riservatezza. In questo caso la sottigliezza sta nel distinguere fra un’azione e i gesti che la compongono; è insomma come dire che rubare un portafoglio è reato ma spostarlo no, quindi rimuoverlo dalla tasca di un passante per infilarlo nella mia è legittimo.

 

Infine Women on Waves ha insistito sulla libertà di espressione, interpretandola nella sua accezione più estesa (invero già ratificata dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo) ossia inglobando tutte le forme in cui un’idea può essere diffusa. Oltre che sanitario e meccanico, l’atto del robot è stato inteso come meramente dimostrativo e la distribuzione delle pillole equiparata al volantinaggio esercitato con un’ulteriore forma, di indubbia efficacia. Anche in questo caso bisogna considerare che accettare questo principio implicherebbe consentire che la sottrazione del famoso portafoglio, se esercitata con l’intenzione di manifestare contro la sperequazione delle ricchezze turbocapitalista, andrebbe accettata come gesto simbolico e inviolabile diritto all’espressione.

 

La polizia nordirlandese non è altrettanto portata per la speculazione teorica e, irrompendo sul terreno della manifestazione, ha sequestrato sia il robot sia le pillole, stando a quanto riferisce l’Irish Examiner. È tuttavia innegabile che Women on Waves avesse studiato bene le pieghe della legge, come dimostra la condotta in fin dei conti incerta delle forze dell’ordine. Sconcertati di fronte alla necessità di arrestare un oggetto, i poliziotti non hanno tradotto nessuna delle manifestanti (vestite con mantelli e crestine resi celebri dalla serie tv “Il racconto dell’ancella”, o forse addirittura dal romanzo), limitandosi a interrogarne una secondo la Bbc; anche se giornalisti di Newstalk presenti all’evento sostengono che alcune di loro avessero ingerito le pillole dopo l’arrivo dei poliziotti e dunque davanti ai loro occhi. Il Belfast Telegraph riferisce che i poliziotti si siano limitati a minacciarle di multe.

 

È un terreno spinoso dal punto di vista legale, su cui ha cercato di far leva anche l’associazione antiabortista Precious Life, presente con una contromanifestazione negli stessi paraggi. Secondo la portavoce, al netto del principio morale della difesa della vita embrionale l’azione compiuta da Women on Waves va considerata reato in quanto ha fornito pillole senza consulto medico né adeguate informazioni sugli effetti collaterali. Il motivo per cui a Belfast la battaglia sui principii viene combattuta a colpi di codici è il vuoto legislativo che consegue al vuoto politico.

 

La legge nordirlandese prevede eccezioni in cui si può praticare legalmente l’aborto, limitandole al rischio concreto per la vita o la salute della donna. L’Eire ha invece notoriamente modificato la propria legislazione sull’aborto col discusso referendum di pochi giorni fa e il locale premier Leo Varadkar ha confermato che le donne dell’Ulster potranno attraversare il confine per abortire legalmente a sud. L’Irlanda del Nord si trova infatti nella pittoresca situazione di non avere un proprio esecutivo a vent’anni dalla devolution; a Stormont non c’è un governo, essendo il precedente caduto nel 2017 senza che si trovasse un rimpiazzo, quindi la scelta di estendere o meno la legislazione del ’67 anche a Belfast sta al governo centrale di Londra, trasformando la questione da locale in nazionale. Il governo di Theresa May, però, è sostenuto da un’alleanza col principale partito nordirlandese, il Democratic Unionists Party, che dispone dei dieci preziosi seggi che permettono ai conservatori di avere una maggioranza fra i seicentocinquanta deputati di Westminster, e che forte della propria specificità si è detto contrario al cambiamento della legge in Irlanda del Nord. L’intera manifestazione è durata un quarto d’ora.

Di più su questi argomenti: