Il porno spiegato è l'ultima frontiera della rielaborazione culturale del sesso
Se il porno diventa maestro di sesso non è per forza un male. L'impegno di Stoya e un ripensamento che era necessario
Stoya ha trentuno anni e fa l’attrice di film porno. La riconoscono per strada pure le ragazzine. Quando ha iniziato, dieci anni fa, si è detta che, da grande o da pentita, non avrebbe mai potuto intraprendere alcune carriere, prima tra tutte quella da insegnante. “Poco male, visto che non mi interessava formare giovani menti”, ha scritto sul New York Times, prima di raccontare di essersi ritrovata, invece, proprio a fare l’educatrice. Come? Ha trovato una scuola statunitense disposta ad assumere impresentabili in cerca di seconde chance? E’ stata inserita in un programma sulla redimibilità? No. Più semplicemente, ha deciso di accettare che, per sopravvivere ora che tutto è trauma, alla pornografia corre l’obbligo che corre a tutto e a tutti: rendersi presentabile.
Il mese scorso, i legislatori della Florida hanno votato affinché il porno venisse dichiarato un rischio per la salute pubblica e questo è l’esempio che Stoya riporta per descrivere il clima al quale lei e molti suoi colleghi hanno deciso di adattarsi, girando film meno espliciti e corredati da contributi divulgativi, che non solo spieghino come si fa sesso, come ci si protegge dai suoi rischi e impartiscano l’educazione sessuale che le scuole non sembrano né capaci né disposte a garantire, ma pure offrano un reality della pornografia (tipo: vedete, ragazzi, questo è un frustino e questo uno slip, non confondeteli; quest’altro, invece, è un attore e, come è evidente anche a voi da casa, nessuno sta facendogli del male, ma ora lasciamolo a concentrarsi, gli aspetta una parte complessa!). Durante questi clippini divulgativi, alcuni attori rispondono a domande sulla prevenzione delle malattie socialmente trasmissibili e, già che ci sono, ad altre su come (e se) il capitalismo sfrutti i loro corpi. Ci sono registi che tengono un diario di bordo delle riprese e lo pubblicano online. Altri ancora trasmettono dirette Facebook dalla cabina di regia, svelando i trucchi, le finzioni, l’artificio di ogni amplesso, la meccanica di ogni eccitazione: ciascuna performance finisce su un piano di assi cartesiani e il pubblico viene equipaggiato del necessario per stabilirne la credibilità.
Se il porno diventa maestro di sesso non è per forza un male: è uno sporco lavoro, qualcuno lo deve pur fare (delle scuole meglio non fidarsi, tendiamo a credere che siano ferme più o meno tutte al piano di educazione sessuale varato dal Ministero nel Talkin’ sul sesso di Francesco Guccini, quello che prevedeva lo stanziamento di due miliardi per comperare i cavoli). Stoya, però, ragiona anche su quello che il porno proprio non può fare: spiegare come si ama, stabilire cosa sia giusto o lecito fare per godere, insegnare la reciprocità, dissuadere dalla violenza e dagli abusi. In un’intervista rilasciata a Paper, Stoya ha raccontato di aver partecipato, due anni fa, a una convention sui diritti degli attori del porno: uno di loro era stato pugnalato. Quest’anno, molti di loro hanno aderito alle mobilitazioni del #metoo. Non significa affatto che la pornografia debba assolvere anche a un ruolo di militanza politica, ma è un segnale piuttosto chiaro del fatto che, per sopravvivere, le toccherà contribuire in modo sostanzioso e puntuale alla nuova elaborazione culturale del sesso, non potrà inselvatichirsi nella favolistica separazione dalla mondanità cui, nascendo e sviluppandosi, ha sempre obbedito. E’ evidente che il ripensamento sul sesso, sui suoi confini, sulla volontà, sul piacere, dispiegatosi nel dopo Weinstein, contribuirà al processo, ma non è nel caso Weinstein la scintilla. Non molte settimana fa, il New Yorker si interrogava sul senso che potrebbe avere, oggi, la letteratura erotica o pornografica. C’era almeno un’indicazione interessante: un romanzo può dimostrare che il sesso non è il palcoscenico di irrealtà e sconcezze cui ci ha abituati il porno e può (deve) contribuire a reinserirlo nel quotidiano, a mostrarne la naturalezza, moderando il timore che suscita la sua narrazione esasperata. Tuttavia, alla propria gentrificazione il porno aveva già cominciato a pensare.