Jack Nicholson e Diane Keaton sul set di Tutto può succedere, film del 2003 diretto da Nancy Meyers

I vecchi che non mollano il sesso e le nostre amnesie generazionali in materia

Simonetta Sciandivasci

Film, libri e pure studi: a letto i settantenni sono più attivi pure dei ventenni

Roma. Siamo tra adulti, lo sappiamo da un pezzo: il sesso ci ha stancati, Netflix è meglio. Stavamo per goderci questo riposante sonno dei sensi, eravamo persino riusciti a tacitare o ignorare gli appelli apocalittici che ci incolpavano di concorso in estinzione della razza umana, quando sono arrivati i vecchi a suonarci la sveglia nelle orecchie. Non vecchi qualsiasi, attenzione, ma coloro che ieri hanno fatto la rivoluzione sessuale e oggi, indefessi, intendono aggiornarla, perché chi l’ha detto che il piacere finisce a cinquant’anni, che la pensione si trascorre a fare i nonni o i vedovi inconsolabili, che i giochi erotici provocano ictus (come capita al protagonista della “Chiave”, ma era l’83: gli studi riportati non molti mesi fa dalla rivista Archives of sexual behavior dicono che i settantenni sono più attivi pure dei ventenni – ricorderete Diane Keaton in “Tutto può succedere”, anno 2003, quando, a metà dell’opera con Jack Nicholson, gli propone di misurare la pressione, perché non si sa mai, e il risultato è perfetto).

  

 

In principio furono gli arzilli, poi sono arrivati i bollenti e il sesso è diventato il mezzo più efficace e veloce per indurre un cambiamento culturale cruciale (e obbligato, visto l’invecchiamento della popolazione mondiale): l’archiviazione dell’idea che la vecchiaia sia un’età inferma e infelice. L’anno scorso, Baldini&Castoldi ha pubblicato “Manifesto per una vecchiaia ardente” di Roger Dadoun, dove si legge: “Si apre una nuova epoca sotto il segno di un eros eterno!”. Oddio, che fatica, scappiamo. Uno dei casi editoriali del 2017 è stato “Le nostre anime di notte”, di Kent Haruf, la storia bella e soffice della relazione tra due vedovi che cominciano con il dormire insieme e finiscono con l’amarsi. Un romanzo che è moltissime cose: un racconto speciale di come sia diverso l’amore di chi s’innamora senza crederlo più possibile, di come gli incontri tra persone grandi d’età siano la costruzione di un nido di permessi e di come quel nido non diventi mai una gabbia.

 

Tuttavia, poiché infrangere l’ultimo tabù sessuale ha assimilato il cambiamento di pensiero sulla vecchiaia, il libro di Haruf è stato accolto come una versione romanzata del “Manifesto per una vecchiaia ardente”. Contro la ageist society (la società che criminalizza la vecchiaia), il sesso a settant’anni può molto di più di donne mature in copertina (Vogue America, ottobre scorso; calendario Pirelli 2017) e di interviste a Jane Fonda, protagonista di “Grace e Frankie”, la serie Netflix su due anziane amiche che si riprendono dal naufragio dei rispettivi matrimoni producendo vibratori per la terza età e lo fanno con piglio imprenditoriale da millennial della Silicon Valley (anche se con gli impacci morali di una delle due, ex hippy).

   

 

Qui sta il punto: quanto assomigliano, questi bollenti anziani, ai giovani? Se non fosse che quelli non ne vogliono sapere di far sesso, mentre loro sì, sarebbe quasi difficile distinguerli. Ella e John, i due protagonisti dell’ultimo film di Virzì, invece, scappano per un’ultima avventura. Rimontano su un camper e chiamano i figli solo ogni tanto. Guida John, che ha continue perdite di memoria – forse metafora per: quando gli anziani se la spassano, il mondo intorno è in pericolo. Ella ha una malattia terminale. Una volta fanno quasi l’amore. Se ne fregano di resuscitare i loro trent’anni, ma solo da una parte. Dall’altra, mollano tutto perché si rifiutano di accettare che i vecchi “subiscono le ingiurie degli anni” (e questo era Guccini, da giovane).

    

Di più su questi argomenti: