Una scena del film “I figli degli uomini” tratto dal romanzo di PD James, che immagina un 2027 dove non nascono più bambini

Civiltà fantasma

Giulio Meotti

Dalle città dove Bach compose i concerti di Brandeburgo alle province cattoliche di Spagna, avanza un mondo senza le grida dei bambini

A prima vista, Cottbus assomiglia a qualunque altra antica e ordinata città tedesca, con le strade di ciottoli e i palazzi settecenteschi dai colori vivaci, lungo un tratto sinuoso del fiume Sprea. Ma percorrendo le piazze e i vicoli della città, ci si inizia a chiedere dove siano finiti tutti. E come mai non si sentano bambini piangere o gridare. Cottbus, a due ore a sud di Berlino in quella che era la Germania dell’Est, è una vittima prediletta di un fenomeno senza precedenti. “Dalle pianure boscose del nord della Germania alle colline al confine tra Spagna e Portogallo, l’Europa si trova di fronte a una piaga silenziosa” scrive il Guardian. Non il novecentesco landflucht, la fuga dalle campagne verso la città. In Germania ora lo chiamano “restringimento”. E’ la crisi da spopolamento radicato nel calo dei tassi di natalità che affligge tutta l’Europa.

 

Da Paul Ryan a Papa Francesco, negli ultimi giorni molte le denunce sull'"inverno demografico". In Italia resta un tabù

Ma non solo l’Europa. Il leader repubblicano al Senato, Paul Ryan, ha appena chiesto all’America di “fare più figli”, visto che la denatalità aumenta anche oltreoceano. Intanto, Papa Francesco denuncia l’avvento di un “inverno demografico”. In Italia, la denatalità resta un tabù nella campagna elettorale. Nessuno ne parla. La popolazione di Cottbus è diminuita drasticamente, a poco più di 100 mila oggi da 130 mila che erano un decennio fa, e sta perdendo il sette per cento dei suoi residenti ogni anno. La città è impegnata in una lotta a lungo termine per apparire normale man mano che i suoi appartamenti e le sue strade si svuotano. Per evitare che le zone diventino “città fantasma”, l’amministrazione di Cottbus è stata costretta ad andare contro l’istinto di ogni politico e pianificatore e investire milioni di euro delle tasse per ridurre le infrastrutture. Più di cinquemila unità abitative vengono smontate pezzo per pezzo e alcune di esse saranno rimpiazzate da case unifamiliari, mentre la città sta lottando per trovare un modo per ridurre le dimensioni dei servizi igienici e dei sistemi idrici, i cui tubi sottoutilizzati spesso trasportano acqua stagnante e immobile. Oggi Cottbus ospita una conferenza di architetti e pianificatori intitolata “Public Space in the Time of Shrinkage”. Come gestire le città europee che perdono abitanti.

 

P.D. James, nel romanzo “I figli degli uomini” da cui fu tratto anche un bel film di Alfonso Cuarón, immagina una società che si va spopolando sotto il peso della fertilità ridotta a zero e dove gli anziani si suicidano in massa in riti noti come “Il Trapasso”. Un mondo senza bambini, di immigrazione e di crisi della civiltà, con le sue guerre intermittenti, in un 2027 che rinvia senza scampo al 2017. In Italia, attraversata dalla più spaventosa crisi demografica al mondo, sono nati 100 mila bambini in meno in dieci anni. Va avanti da anni questo declino, accompagnato da forti scosse nella società. La “restrizione” in Italia assume il volto della chiusura di moltissime scuole in Friuli Venezia Giulia. Non per la mancanza di fondi, ma di bambini. Tre anni fa fu fatto un rapido calcolo. La crisi delle nascite comporterà, a cascata, una riduzione del numero delle classi (circa 23mila) e un taglio dei posti di insegnante (circa 40mila, senza contare la scuola dell’infanzia e i posti di sostegno). A Milano, chiudono tanti asili privati senza iscritti sufficienti a garantire l’avvio dell’anno scolastico. Chiudono i punti nascita in molti ospedali.

 

L’Unione Europea considera un territorio “spopolato” quando ha meno di otto persone per chilometro quadrato. Questo è un fenomeno in rapida espansione, che va dalle regioni centrali della Spagna alle città dell’Est europeo e della Russia. Paesi dove la piramide demografica non ha base, ma è una regione montuosa, spopolata, rurale, remota. Qualcosa di strano sta accadendo nelle città della Germania orientale. Dal 1989, duemila scuole hanno chiuso nella ex Ddr a causa della mancanza di bambini. Magdeburgo e Chemnitz, entrambe grandi città industriali, hanno perso un quinto della popolazione. Halle ha perso il 23 percento dei suoi abitanti e Gorlitz il 24 percento. Erfurt, la luterana capitale della Turingia, ha la metà dei bambini che aveva nel 1990.

 

A Psakov, i reparti di maternità sono scesi da ventisei a quattro. L'entroterra russo sta letteralmente morendo

Bitterfeld-Wolfen ha visto la sua popolazione precipitare da 75 mila persone nel 1989 alle 40.500 oggi. Quasi un edificio su cinque oggi è vuoto. Due terzi delle scuole materne e oltre la metà delle scuole elementari hanno chiuso. Il numero di alunni che finiscono la scuola secondaria si è dimezzato. A Plattenbauten, i condomini senz’anima costruiti dagli ex governanti comunisti della regione, vengono abbattuti. I paesaggi urbani vengono ridisegnati, rimuovendo gli edifici nella speranza di salvare il resto. Gli urbanisti, normalmente desiderosi di promuovere la costruzione di case, fabbriche e strade, stanno rispondendo al collasso del del tasso di natalità. La Sassonia-Anhalt, culla della Riforma e dell’industria chimica tedesca, ha perso un quinto dei suoi 2,9 milioni di persone negli ultimi sedici anni. Entro il 2025 si prevede che possa perdere mezzo milione di unità. A Köthen, la cittadina dove Johann Sebastian Bach ha composto i Concerti di Brandeburgo, “la piramide della popolazione è diventata un fungo”, come ha detto all’Economist Ina Rauer del dipartimento edile della città. Le città dell’Est non immaginano più di poter evitare il declino demografico. Cercano solo di gestire le conseguenze, e alcuni stanno inventando modi per dimagrire con grazia. La Sassonia-Anhalt ha distrutto circa 45 mila case con gli aiuti federali.

 

A Dessau le zone depopolate e abbandonate sono suddivise in “crediti” di quattrocento metri quadrati, che i cittadini possono utilizzare gratuitamente per progetti come la coltivazione di biomassa per combustibile. “Laddove gli edifici cadono, i giardini sorgono”, afferma un tabellone pubblicitario pieno di speranza. Il forte declino delle nascite in tutto il Portogallo - un calo del 14 per cento dal 2008 - è così acuto che il governo sta convertendo ad altro uso molti reparti di maternità a livello nazionale. In un anno i portoghesi hanno chiuso 239 scuole, così come le vendite dei pannolini e dello shampoo per bambini stanno crollando. Il deputato del Parlamento, Luis Ramos Leite, ha avvertito che due terzi del territorio portoghese potrebbe spopolarsi.

 

A Bitterfeld-Wolfen, metà della popolazione è sparita, un edificio su cinque è vuoto, la metà delle scuole elementari ha chiuso

La Spagna è uno “strano paese in Europa” poiché nessun’altra nazione di dimensioni simili nel continente possiede tali deserti demografici, come spiega lo scrittore spagnolo Sergio del Molino nel libro “La Spagna Vacia”, pubblicato lo scorso anno. In un solo anno, nel 2015, ben duecento scuole hanno chiuso in Polonia (nel 2017 è nata la metà dei bambini che venne alla luce nel 1987). Nel 2050, ci saranno soltanto 27 città polacche sopra i centomila abitanti rispetto alle attuali 39. Il Giappone è il paese dove più è avanzato il processo di decomposizione di una moderna e occidentale società. “Ghostdo”, città fantasma. Si chiamano così le città senza bambini e destinate a sparire. A Hara-izumi ora c’è un problema di fauna selvatica: la popolazione del villaggio è diventata così scarsa che orsi selvaggi, cinghiali e cervi si aggirano per le strade con crescente frequenza. Yubari City, una delle città industriali importanti di Hokkaido, aveva una popolazione di 120 mila persone. Oggi, sono solo settemila. Secondo l’Istituto Nazionale per la Popolazione e la Sicurezza Sociale del Giappone, entro il 2040 la maggior parte delle città più piccole vedrà una calo drammatico da un terzo alla metà della popolazione. La popolazione complessiva del Giappone di 126 milioni è prevista che scenda ad 80 milioni nei prossimi trent’anni. Il Giappone ha attualmente otto milioni di case vuote. E in quindici anni quel numero salirà a venti milioni di case vuote. I ristoranti sono diminuiti da 850 mila nel 1990 a 350 mila oggi. In Giappone oggi il commercio di pannolini per anziani è più proficuo di quello per bambini. La compagnia giapponese Unicharm Corp. Nel 2012 ha registrato per la prima volta che le vendite di pannolini per adulti hanno superato quelle dei prodotti per bambini. “Noi percepiamo questo cambiamento come un’occasione d’oro per la crescita” ha detto Shohei Murai, vice presidente esecutivo della catena di supermercati Aeon Co. “Negli anni Ottanta e Novanta, Aeon aveva le famiglie, la maggioranza in termini di popolazione, come suo principale cliente. Ora sono gli anziani il motore del consumo”. In molte zone non è rimasto nessuno a prendersi cura delle tombe, assieme alle scuole abbandonate e alle risaie invase.

 

Ci sono paesi che ricordano già il libro di P.D. James. Come la Serbia. Scuole, cliniche, veterinari, tutto chiude in molti paesi e città. Le strade sono già dissestate. La popolazione di Kalna è passata da quattro mila a mille abitanti. Secondo l’Accademia delle scienze, i numeri sono crollati nell’86 per cento dei 4,600 villaggi e centri più piccoli. Knjazevac è scesa a 30 mila abitanti. La metà di quelli che aveva un tempo. In tanti villaggi della Bulgaria non si trovano più giovani per sposarsi. I bambini non nascono da tempo e tanti se ne sono andati. Nel 1989 ci vivevano nove milioni di persone in Bulgaria. Oggi sono sette milioni. Nel 2050 saranno poco più di cinque. Alla fine del secolo potrebbero essere la metà di adesso. Vasta zone della Grecia stanno subendo un destino simile. A Tempi, nella Grecia centrale, molte scuole e asili nido hanno chiuso per mancanza di iscritti.

 

In Giappone ci saranno venti milioni di case vuote. E nelle province non c'è rimasto nessuno a prendersi cura delle tombe

Lo stesso accade in Russia, che pure non è Unione europea ma di cultura europea. A Baruta oggi ci sono soltanto funerali. Pochi ricordano l’ultimo battesimo o matrimonio. Alcuni dei villaggi satelliti di Baruta sono già deserti, o quasi. Gli alberi crescono nelle vecchie strade, rendendole impraticabili. Anche i tassisti hanno difficoltà a passarci e il segnale dei telefoni cellulari svanisce. Pskov, al confine con l’Estonia, aveva quasi due milioni di persone un secolo fa. Oggi sono 640 mila e saranno mezzo milione nel 2033. C’erano ventisei reparti di maternità a Pskov. Oggi soltanto quattro. Mentre Vladimir Putin flette i muscoli militari e politici in Siria e in Ucraina, la campagna della sua stessa nazione - la spina dorsale dell’identità nazionale, della cultura e della demografia della Russia da secoli - sta morendo, lentamente e inevitabilmente. Quasi 36 mila centri abitati, o uno su quattro, hanno meno di dieci residenti. Altri 20 mila sono stati abbandonati, secondo l’ultimo censimento nazionale della Russia. Nella regione di Pskov il numero di aborti è quasi pari al numero di nascite, un fatto che la funzionaria della sanità regionale Tatyana Shirshova ha definito “motivo di speranza e ottimismo”. Sì, nel senso che in precedenza c’erano stati più aborti che nascite.

 

Hoyerswerda, una città tedesca a due ore da Dresda, ha perso metà della popolazione. Quelli che rimangono hanno rinunciato ad avere bambini. La principale attività municipale consiste nell’abbattere le case. Strada dopo strada, Hoyerswerda “torna alla natura”. Non è esattamente il “paesaggio fiorito” che il cancelliere Helmut Kohl promise per la Germania nel 1990. Nel suo periodo di massimo splendore negli anni Settanta, Hoyerswerda era stata una comunità modello nella Germania dell’Est, un nuovo mondo che attraeva i migranti da tutto il paese. Adesso queste città potrebbero comparire benissimo nei romanzi di W. G. Sebald, che era solito accompagnare i suoi libri con immagini della senescenza contemporanea. Rimandano alla malinconia di un mondo che si è come consumato.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.