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La politica e la bolla dei social network

Francesco Maselli

Siamo diventati più polarizzati a causa dei social? Uno studio della Brown University dice di no

Roma. Sono stati i social media a rendere più polarizzate le nostre democrazie, propagando fake news e incoraggiando le persone a chiudersi in bolle o “camere dell’eco” autoconfermative? E’ una spiegazione ricorrente che si legge su giornali e saggi accademici, e il dibattito pubblico spesso presenta l’argomento come fosse certo e dimostrato. Intervistato da David Remnick sul New Yorker nel 2016, Barack Obama criticò i social media e internet, a causa della loro “capacità di disseminare disinformazione, teorie cospirazioniste, dipingere l’opposizione politica nel modo peggiore possibile senza alcuna confutazione[...], tutto ciò ha reso molto complesso avere delle conversazioni”.

 

Uno studio della Brown University ha però ribaltato questo assunto. I ricercatori Levi Boxell, Matthew Gentzkow e Jesse M. Shapiro, nel paper “Is the internet causing political polarization? Evidence from demographics”, si sono chiesti se la narrazione che si è imposta negli ultimi anni poggi su evidenze scientifiche. Per comprenderlo, hanno utilizzato nove diversi indicatori che misurano la radicalizzazione degli elettori americani, a loro volta divisi in differenti categorie demografiche. Il risultato è che dal 1972 al 2012 tutte le categorie hanno aumentato la loro polarizzazione politica in modo costante, sia prima sia dopo l’avvento di internet, ma la tendenza è stata maggiore nelle persone più anziane. Va da sé che sono proprio le persone più anziane che utilizzano meno, o per nulla, i social network: meno del 20 per cento degli anziani con più di 75 anni li utilizza contro l’80 per cento dei giovani tra i 18 e i 39 anni.

 

“Abbiamo scoperto”, scrivono i ricercatori, “che l’aumento della polarizzazione è più ampio tra i gruppi meno propensi all’uso di internet e dei social media”. Lo studio, insomma, indica che invecchiando si diventa più irritabili e meno propensi ad ascoltare le ragioni dell’altro. Il lavoro era però incompleto perché presentava dati risalenti al 2012, mentre è proprio negli ultimi 5 anni che la pervasività dei social network ha avuto un impatto profondo nelle nostre vite, tanto da essere accusata di aver favorito l’elezione di Donald Trump o la Brexit. Il primo ottobre scorso quindi, uno dei tre ricercatori, Levi Boxell, ha scritto un altro articolo, pubblicando nuovi e diversi dati. Non si vedono cesure nella crescita della polarizzazione dal 2012 in poi, e anzi il trend appare in linea con quello osservato fino alla fine degli anni Novanta, quando internet è diventato un bene accessibile a tutti.

 

“Non abbiamo trovato prove che Donald Trump abbia ricevuto più voti dei suoi predecessori da gruppi demografici più inclini a utilizzare internet, anzi: Trump è andato relativamente peggio tra gli elettori più propensi all’uso di internet”. Non solo, il ricercatore mostra che la tendenza a confermare i propri pregiudizi avviene in misura maggiore nei giornali nazionali, in famiglia o nelle discussioni sul posto di lavoro, che su internet. Infine, uno studio pubblicato dal Journal of Public Economics, e condotto da Jesse M. Shapiro, ha dimostrato che la polarizzazione dei gruppi politici su Twitter non è poi così diversa da quella che si può riscontrare offline. Naturalmente tutto ciò non vuole sminuire il ruolo di internet, spiegano, ma appare necessario tenere conto di “altri fattori in grado di spiegare l’aumento della radicalizzazione nelle categorie demografiche meno propense all’uso del web e dei social media”.

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