L'estinzione dei (debiti) giapponesi

Maurizio Sgroi

Non si ferma l'invecchiamento della popolazione

Si legge spesso, sfogliando certe fantasie sovraniste locali, l’invito a fare come il Giappone, peraltro senza esserlo. Il Giappone, a differenza nostra, è creditore netto sull’estero e tanto dovrebbe bastare a chiudere il discorso. Ma in ogni caso dovremmo evitare di augurarci di far la fine del Giappone, dove già l’anno prossimo ci sarà un ultra65enne ogni 2,1 15-64enni. Se poi dovesse accadere quel che prevede il Fmi, nel 2050 il rapporto sarà quasi di uno a uno. Si camminerà per strada come in un ospizio, coi bambini divenuti rarissimi. Possiamo appena figurarci che tipo di società sarà solo guardando quella di oggi, in costante bisogno di rassicurazioni e intrattenimento. E chissà dove sarà arrivato per allora il debito pubblico giapponese che nel 1990, quando c’erano 5,8 15-64enni per ogni ultra65enne era circa il 70% del Pil e ormai viaggia intorno al 240%. La crescita del debito, peraltro, va nella direzione opposta di quella della popolazione, diminuita di un milione, fra il 2012 e il 2017. Si prevede un 25% di giapponesi in meno nei prossimi quarant’anni. Come se, senza saperlo, il Giappone abbia imboccato la strada più semplice per estinguere i propri debiti. Estinguersi.

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