C'erano una volta le economie EME-rite

Maurizio Sgroi

Le economie emergenti finiscono sotto stress

Ora che il Signor Dollaro rialza la voce, apprezzandosi a dispetto di ogni previsione e calcolo, le prime a cui si chiede il conto sono le economie emergenti, che oggi si abbreviano in EME come ieri si chiamavano Brics. Da allora a oggi è cambiato che non ci sono solo Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, che componevano l'ormai desueto acronimo, a segnalarsi per promesse ed eccellenze prossime venture. Ormai sono numerosissime queste EME. C'è tutta l'Asia che non parla cinese. Il Sud America che non parla portoghese. Il centro europa orientale che non parla russo, e così via dicendo. Ci sono anche la Turchia del miracolo economico a debito in valuta estera e l'Argentina. Tutte Grandi Promesse, che però scoloriscono facilmente al primo starnuto dei mercati valutari o non appena lo Zio Sam flette i muscoli. Lo abbiamo visto nel 2013, quando la Fed ventilò una prima ipotesi di normalizzazione monetaria e bastò quello, e nel 2015, quando si svalutò lo Yuan. C'è tutta una letteratura sulle crisi sofferte dai paesi in via di sviluppo, emergenti o come si voglia chiamarli, generate in qualche modo dal peso specifico dei paesi ricchi. Basta un soffio e i paesi emeriti ritornano semplicemente EME. E cominciano i guai.