L'unica crescita rigogliosa

Maurizio Sgroi

Il debito globale ha raggiunto i 217 trilioni di dollari

Se fosse prodotto interno lordo, quell’istogramma che cresce rigogliosamente dal 2002 all’inizio del 2017 non saremmo qui a discutere di economia. Quegli 89 trilioni che diventano 217 avrebbero significato una crescita più che raddoppiata in un quindicennio, e quindi benessere sufficiente a relegare l’economia a quella dimensione da tecnici specializzati che J.M.Keynes auspicava nelle sue Prospettive economiche per i nostri nipoti. Invece quell’istogramma misura il debito globale, pubblico e privato, che ormai vale il 327% del pil mondiale, secondo la ricostruzione di un istituto di ricerca, al primo trimestre di quest’anno, e, come si vede, non conosce requie. La fine della crisi, che ormai viene almanaccata sempre più di frequente, non ne ha impedito l’aumento e sembra anzi che sia necessario, questo continuo indebitarsi, al terminare della crisi stessa. Usa e Cina insieme pesano quasi la metà del totale, con le economie emergenti che sembrano aver imparato assai bene la lezione. Ma è più rilevante osservare che a fronte di questa montagna di debiti da 217 mila miliardi di dollari c’è quella uguale e contraria di crediti e quindi dei creditori che ne hanno la proprietà. Come possa un tale flusso di ricchezza teorica non generare dissapori e sospetti, fra gli uni e gli altri, e quindi indebolire la fiducia, che tutti reputano vitale alla nostra economica, è arduo a spiegarsi. Dobbiamo contentarci di credere normale questo debito. E così far finta che non ci sia.

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