l'intervista
Ugo Volli: “L'antisemitismo? Colpa di rettori vigliacchi e prepotenti”
Il semiologo, già docente dell'Università degli studi di Torino: "Atteggiamento preoccupante da parte degli atenei. Ricorda da vicino quello che è successo negli anni 30. Rinunciare ai bandi con Israele? Da parte dei rettori un danno erariale"
“Nelle università stiamo vedendo come dei gruppi minoritari, molto aggressivi, stiano decidendo chi può parlare e chi no. E sempre più spesso chi non può parlare è ebreo. E’ un fatto gravissimo. Si sta facendo strada quella strana convinzione che gli atenei siano una specie di spazio dove vige una bizzarra e medievale immunità. Un parco giochi dove tutti possono esercitare violenze”. Il semiologo Ugo Volli guarda con crescente preoccupazione al clima imperante nelle università italiane. Da storico ex docente dell’Università di Torino, insieme a una quarantina di colleghi ha sottoscritto una lettera per chiedere alla ministra dell’Università Anna Maria Bernini e alla Conferenza dei rettori di smetterla di applicare un doppio standard quando si parla di Israele. “Il rettore dell’Università di Torino, la mia università, nel corso dell’occupazione in cui s’è visto anche un Imam inneggiare contro lo stato ebraico, ha detto ‘aspettiamo che smettano’. Questo è un atteggiamento preoccupante”, denuncia Volli al Foglio. “C’è un tentavo di isolamento e delegittimazione che, ahimè, ricorda molto da vicino quello che è successo negli anni 30 in Germania e in Italia”.
L’ateneo torinese, peraltro, è stato l’unico ad aderire ufficialmente al boicottaggio delle università israeliane. Ma il poco coraggio degli altri rettori ha fatto sì che la gran parte degli atenei si siano auto-boicottati, non aderendo al bando Maeci. “Non partecipare al bando di ricerca, che riguardava principalmente l’uso dell’acqua in situazioni di aridità, le buone pratiche dell’agricoltura, in cui Israele ha una preminenza scientifica, è stato come ‘tagliarsi gli attributi per fare dispetto alla moglie’. Il fatto che i rettori, i consigli di amministrazione abbiano voluto mettere becco in accordi che riguardano i docenti, i ricercatori, è un fatto inedito. Non c’è stata solo vigliaccheria ma una vera e propria prepotenza”, racconta Volli. “In più secondo me, rinunciando ai fondi, i rettori sono passibili di danni erariali. Anche perché non mi risulta che nel frattempo abbiano interrotto le collaborazioni scientifiche con paesi come l’Iran, la Russia o la Cina. Hanno agito prendendo posizioni politiche che sono una vera e propria forma di odio nei confronti degli ebrei”.
A ogni modo secondo Volli il problema è sì l’antisemitismo “che oggi ha radici nell’immigrazione islamica, come si è visto anche nel caso dell’occupazione di Torino”. Ma anche il nuovo antisionismo, “che è una nuova versione dell’antisemitismo. Mentre prima l’odio era subordinato ad aspetti religiosi, poi di razza, poi economico-sociali, adesso l’odio è rivolto tout court allo stato di Israele. I sionisti, secondo chi manifesta, non sono nient’altro che gli israeliani”. Ma quanto sono simili le dinamiche osservate in Italia da quelle viste oltreoceano, ad esempio nei campus americani? “Le università americane sono egemonizzate da una cultura che non definirei progressista ma rivoluzionaria. E siccome sono anticapitalisti, anticolonialisti, contro la democrazia occidentale, la borghesia, è chiaro che Israele diventa un bersaglio perfetto”, argomenta Volli. Che però alla cosiddetta cultura o politica progressista imputa il fatto di non voler “inimicarsi i rivoluzionari. Così si mostrano vigliacchi e ipocriti. Anche nelle università, dove oramai si è abdicato al ruolo di comprensione di questo mondo”. E per quanto riguarda la politica tutta? “Sono molto tentato di non andare a votare. Schlein dice di voler riconoscere la Palestina, facendo un favore ai terroristi. Lo stesso dice il ministro Tajani. Anche dal Viminale abbiamo assistito a una certa indifferenza per quel che accade nelle università. Sono segnali di una politica altamente deficitaria”.