"Umiliazione? Una parola da bandire quando si parla di educazione". Parola di liceo occupato

Le parole del ministro dell'Istruzione e del merito sul "valore dell'umiliazione tra i giovani" e sullo "stop agli smartphone in classe" gettando benzina sul fuoco delle proteste studentesche

Giorgio Caruso

È un autunno caldo per la scuola a Roma. Sono nove gli istituti scolastici occupati dagli studenti e dalle studentesse in questo ultimo mese nella Capitale. C'è chi ci mette sopra il cappello di lotta e di governo e chi vuole soltanto fare "sega" (saltare la scuola) come si dice a Roma.

  

Ieri, le parole del ministro dell'Istruzione e del merito Valditara sul "valore dell'umiliazione tra i giovani" e sullo "stop agli smartphone in classe" hanno sollevato un polverone nell'opinione pubblica e tra gli studenti, gettando altra benzina sul fuoco delle proteste.

   

"L'umiliazione non è una parole che dovrebbe essere mai usata per quanto riguarda l'educazione di ragazze e ragazzi", dice Sofia, studentessa del Liceo Righi di Roma, occupato da una settimana. Il motivo? "Non ci sentiamo rappresentati da questo governo - dice Francesco, studente del Liceo Righi - che come primo provvedimento si occupa di bandire i rave. Del resto il vero vincitore è stato l'astensionismo". Inoltre, gli studenti e le studentesse del Righi si battono per l'eliminazione del precariato dei professori, una maggiore manutenzione degli edifici scolastici e sul potenziamento dei servizi essenziali di trasporto.

Di più su questi argomenti: