la lettera

Quello che non si è fatto nelle scuole, secondo Lucia Azzolina

Lucia Azzolina

Scuola a rischio: mancano dati, aule, misure di supporto. Il rischio di tornare in Dad. Del governo l’ex ministro dell'Istruzione salva solo le intenzioni

Al direttore - Nella volontà del presidente del Consiglio, almeno per quanto espresso sin dall’insediamento dell’attuale esecutivo, la scuola è stata individuata come priorità. Non sta a me giudicare se chi è preposto alla guida del settore abbia saputo tramutare in azioni concrete, efficaci, le intenzioni del presidente Mario Draghi. Certo è che, oggi, alla luce dell’evoluzione del contesto epidemiologico, a quasi un anno di distanza dal giuramento del governo in carica, non è impossibile stabilire cosa si sarebbe potuto fare per la scuola. Intanto i numeri. Dell’anno scolastico in corso mancano i numeri. Il sistema di rilevazione dei contagi e delle classi in quarantena costruito l’anno scorso con il coinvolgimento diretto dei dirigenti scolastici è stato messo da parte. Permetteva di avere ogni settimana numeri molto precisi.

  
Dati utili all’Istituto superiore di sanità. Oggi invece nessuno sa quale sia il numero complessivo di studenti e di personale contagiato, figurarsi il dato disaggregato per regione o ciclo scolastico. L’assenza di numeri è un limite grande alla pianificazione di qualsiasi strategia. Il sospetto è che qualcuno a settembre abbia pensato di essere alla fine della stagione pandemica. Un azzardo, forse motivato dall’ottimo livello di vaccinazione raggiunto, non solo del personale ma anche della fascia 12-18 anni. Oggi si scontano le mancanze di tutte quelle misure di supporto, complementari alla campagna vaccinale, che si potevano fare e che non si sono fatte.  

 

Neanche un’aula in più è stata costruita. Nell’estate 2020 ne erano state ricavate o ampliate 40 mila in poche settimane di lavori. Nuovi spazi che insieme all’aumento del personale e alla deroga normativa alla soglia “Gelmini” hanno permesso di intervenire sul problema dei problemi, l’alto numero di studenti per classe. Il tema è stato rimosso, le classi sono state riaccorpate. Eppure, resta la chiave non solo per gestire l’allarme sanitario ma anche per migliorare la didattica. Non un percorso breve, ovvio, ma a cui andrebbe garantita continuità rispetto ai progressi dell’anno scorso. Il ministro pro tempore è convinto che fino a 27 alunni una classe “non sia sovraffollata”. Non risultano infatti nuove aule costruite questa estate, mentre il personale aggiuntivo è stato addirittura tagliato.  

 

Per non parlare del fatto che – ma anche questo aspetto poteva forse essere previsto, trovando una soluzione anche insieme alle forze sociali – le scuole fanno oggi fatica a trovare i supplenti dei docenti sospesi perché contrari alla vaccinazione. Si stimano circa 4.000 unità nella sola Lombardia.

  

    

L’altro nodo che da un anno è rimasto tale riguarda il tracciamento. Andato in tilt già a fine novembre: i contagi erano un decimo rispetto a oggi, eppure molte scuole già non avevano risposta dalle Asl in tempi accettabili. Il promesso intervento dell’esercito non ha prodotto gli effetti sperati (tamponi in 400 scuole su 40 mila). Si è allora chiesto alle Regioni di “mettere a punto un nuovo dispositivo”, poi si è nuovamente bussato alla porta del generale Figliuolo, annunciando uno screening di massa su milioni di studenti prima della riapertura di gennaio. Mentre nel Paese mancano i tamponi e il personale per farli. Fantascienza. La corsia preferenziale per il tracciamento scolastico è una formula che le Regioni si sono impegnate ad attuare nel dicembre 2020, nero su bianco. Se non l’hanno fatto in un anno è impensabile che lo facciano oggi.  

 

La situazione non è semplice, purtroppo. E non è certo il momento di recriminare sul non fatto. Ma servono soluzioni credibili e immediate. Anche lo stesso nuovo aggiornamento dei protocolli sembra una cura del sintomo, non della malattia. Può evitare l’intasamento delle operazioni di testing, ma non lo scoppio di un focolaio in classe. Una cura, peraltro, che rischia di creare confusione e di generare allarmi nelle famiglie, spesso restie a mandare i figli a scuola, in presenza di positivi. Una operazione che sembra alla portata, sebbene anche in questo caso si sono forse persi già troppi giorni, è quella di estendere la fornitura di mascherine Ffp2. Al momento è previsto che vengano distribuite solo a docenti a contatto con studenti che, per qualche ragione, sono esonerati dall’obbligo di mascherina. Con limitazioni ai gradi di istruzione per i più piccoli. Non è abbastanza. Va garantito l’utilizzo a una fetta molto più ampia di personale. Quanto agli studenti, se è impossibile coprire il fabbisogno quotidiano, andrebbe almeno attivata una campagna di comunicazione per sensibilizzare le famiglie sul tema, spiegare modalità e limite orario di utilizzo delle Ffp2 e permettere loro di acquistarne un quantitativo sufficiente, per tempo e senza costi aggiuntivi.  

 
A pochi giorni dal riavvio dell’anno scolastico in mano abbiamo sempre una forte volontà politica da parte del capo del governo, di garantire la scuola in presenza. E non è poco. Ma il rischio è di tenere le scuole aperte solo sulla carta, mentre migliaia di classi vanno in Dad, malgrado a inizio anno scolastico 2021/2022 si fosse detto “mai più Dad”.

 

Lucia Azzolina, deputato del M5s, ex ministro dell’Istruzione