Il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi (LaPresse)

Bene gli stati generali ma è tempo di pensare agli insegnanti, senza tutele seriali

Mario Leone

Troppo spesso i docenti, e con loro la scuola, sono vittime di una mentalità assistenzialista che danneggia quanti vorrebbero soltanto trovarsi nelle condizioni di fare bene il proprio mestiere. Adesso si lavori senza partigianerie

"Il prossimo sarà un anno costituente […] che dovrà condurre agli stati generali della scuola”. Parole e musica del ministro Bianchi che, già da capo della task force per la scuola durante l’emergenza pandemica, auspicava un momento di riflessione sulla scuola.

 

L’ultima volta che si parlò di “stati generali” era il 1990 e a Viale Trastevere sedeva Sergio Mattarella. Un appuntamento che partorì la riforma degli ordinamenti della scuola elementare con il modulo dei tre maestri su due classi. Da allora tanti proclami, tentativi di riforme e piccoli cambiamenti che non hanno risolto le strutturali problematiche del nostro sistema d’istruzione. Quando si parla di scuola, spesso si cade nel gioco delle frasi fatte, slogan lanciati senza avere la piena cognizione della realtà. Spesso avere a cuore l’istruzione ha significato elargire fondi a pioggia senza verificare come questi soldi fossero investiti e quale impatto avessero sul sistema. Oppure focalizzarsi esclusivamente sul “lato organizzativo”, perdendo di vista l’unico target su cui investire. Quale? I docenti. 

 

Non è un mistero che la scuola italiana abbia un problema con il corpo docente, una realtà complessa e dalle tante facce. Sono in molti infatti ad apparire demotivati e in alcuni casi, spiace dirlo, perfino non all’altezza del proprio compito. Tutelati in maniera seriale e talvolta scriteriata dai sindacati, anche in nome della difesa del lavoratore, spesso i docenti, e con loro la scuola italiana, sono vittime di una mentalità assistenzialista che danneggia tutti gli insegnanti che vorrebbero soltanto trovarsi nelle condizioni di fare bene il proprio mestiere. La conseguenza naturale di questo andazzo è l’isolamento legalizzato del docente che, parandosi dietro la “libertà di insegnamento”, lavora per proprio conto, restio a lasciarsi valutare, quando, lui per primo, ogni giorno valuta i propri studenti. E infatti l’azione sindacale si riduce soltanto a una forma di primo soccorso, dimenticando che poi, dopo l’ingresso in graduatoria o l’assegnazione del ruolo, c’è ancora tutta la vita.

 

È tempo di selezionare i migliori. Avere un’attenzione particolare per i docenti significa salvaguardare gli studenti. Basterebbe guardare alla nostra esperienza. Quanti hanno scelto un mestiere o un determinato tipo di studi grazie a un professore particolarmente preparato e appassionato? Quanto può essere dannoso, per la vita scolastica di un ragazzo, e non solo quella, un professore che non conosca la propria materia, abbia un atteggiamento riottoso o sia incapace di stare con i ragazzi? Selezionati i migliori, bisogna accompagnarli lungo tutta la loro carriera, prospettando un percorso fatto di obiettivi da raggiungere, incentivi, promozioni. Sgravandoli da una burocrazia che sta diventando asfissiante. Continuare a immettere nel sistema scolastico docenti selezionati con pseudo sanatorie, messe a disposizione, docenti non abilitati sul sostegno, è la piaga della scuola. Allora ben vengano gli stati generali, si coinvolgano tutte le componenti della scuola pubblica e si lavori senza partigianerie. Meno di questo, meglio non perdere tempo. 

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