Il Liceo Manzoni di Milano. Foto LaPresse

Che cosa hanno in mente i partiti per riformare l'istruzione

Antonio Gurrado

Abbiamo chiesto alle principali forze politiche quali sono le loro idee su scuola e università. Ecco cosa ci hanno risposto

Non c’è bisogno di andare dalla zingara per intuire che tira aria di riforma della scuola. Un’altra. Dalle interviste del Foglio ai responsabili dell’istruzione di sette fra i principali partiti in corsa il 4 marzo (il Movimento 5 stelle, dopo un’iniziale disponibilità, non ha più risposto alle nostre domande) emerge il tentativo, più o meno esplicito, di intercettare un diffuso malcontento sul sistema scolastico o quanto meno di evitare che tracimi. E’ risaputo che gli insegnanti e in generale gli esponenti del ceto medio riflessivo – le famose professoresse democratiche di cui parlava Edmondo Berselli – hanno fatto pesare il poco gradimento per la legge 107 già nelle urne del referendum, che poco o nulla aveva a che fare con la gestione della scuola. Ora che si vota per governare l’Italia l’istruzione diventa centrale per due motivi. A breve termine, bisognerà operare col cacciavite o col martello pneumatico per mettere in atto la soluzione delle criticità della Buona Scuola che sono state evidenziate in maniera più o meno eclatante (o ragionevole) da un elettorato a tratti imbizzarrito.

  



Leggi le risposte di Partito democratico, +Europa, Liberi e Uguali, Civica Popolare, Forza Italia, Lega, Fratelli D'Italia e Noi con L'Italia 


  

Le interviste dimostrano come ci siano due prospettive riguardo alla riforma pregressa: una che promette smantellamenti e rivolgimenti e una che promette migliorie mirate benché drastiche se necessario. Chiunque governi, dunque, si sentirà in dovere di mettere mano a un sistema dell’istruzione che negli ultimi anni si è fatto incandescente. A lungo termine, invece, la visione della scuola espressa dai partiti politici va oltre la politichetta e ha a che fare con l’Italia che si vuole costruire. I famosi diciottenni chiamati al voto per la prima volta, su cui si spreca un po’ troppa retorica, sono in buona parte ragazzi che fanno la quarta liceo, ossia che erano ai primi vagiti nelle superiori quando la riforma fortemente voluta da Stefania Giannini e Matteo Renzi si è abbattuta sui loro istituti, col suo portato di alternanza scuola/lavoro obbligatoria, docenti di potenziamento eccetera. Bene, questi figli della Buona Scuola che votano per la prima volta saranno giovani adulti nel breve volgere di due legislature e, con la croce che apporranno domenica indirizzeranno l’Italia del 2028 verso una di due possibili strade. Quali? E’ presto detto, e anche in questo caso leggere fra le righe le interviste del Foglio aiuta a capire quali siano i veri schieramenti in campo, di là dalle alleanze sulla scheda. Basta considerare l’approccio all’alternanza scuola/lavoro, controverso caposaldo della riforma renziana. Pd, Forza Italia, Civica Popolare e Noi con l’Italia intendono migliorarla o potenziarla, proseguendo nel solco già tracciato: e si tratta di due partiti della coalizione di centrosinistra e due della coalizione di centrodestra. Invece Liberi e Uguali la reputa svilente e Fratelli d’Italia propone di ripensarla completamente (la Lega si esprime più generalmente in maniera molto critica sull’intera riforma; il Movimento 5 stelle è notoriamente avverso). Qualcosa vorrà pur dire sulle due diverse nazioni che, in prospettiva, questi partiti hanno in mente. 

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