Halyomorpha halys (wikipedia) 

Vespe samurai contro cimici asiatiche? No, ecco come fare lotta biologica con intelligenza

Enrico Bucci

L’ecologia è il regno della complessità: cerchiamo di evitare soluzioni apparentemente semplici, le cui ripercussioni impreviste possono generare e amplificare i problemi, e seguiamo le indicazioni dei nostri ricercatori

Uno dei problemi sempre più preoccupanti per la nostra agricoltura è l’invasione di una specie estremamente dannosa particolarmente per la frutticoltura, la cimice asiatica o cimice marmorata Halyomorpha halys.

  

Soprattutto le drupacee, già sotto stress per la siccità di questo periodo, sono attaccate da questo insetto alieno: ciliegio, susino, albicocco e pesco sono siti di deposizione delle uova, un fenomeno che si verifica due volte all’anno e che in particolare quest’anno si sta verificando in anticipo, a causa del clima più caldo del solito.

   

La cimice asiatica, ogni anno, provoca nelle regioni maggiormente affette danni per decine di milioni, che si traducono in altrettante domande di indennizzo, e la tendenza sembra destinata a peggiorare.

   

Non esistendo alternative, vi sono stati già decreti del governo che hanno derogato alle norme sull’uso degli insetticidi, particolarmente piretroidi, e di altri sistemi per il controllo; ma mentre in emergenza è forse possibile usare questi mezzi, di certo non sono ecologicamente sostenibili nella norma, specialmente visto che nel caso della cimice asiatica molti di essi si sono rivelati sostanzialmente inefficaci.

   

Per questi motivi, si è pensato di ricorrere alla lotta biologica, attraverso il rilascio di ulteriori specie aliene, ed in particolare della vespa samurai Trissolcus japonicus, un parassita delle uova della cimice asiatica; tuttavia, da un punto di vista puramente ecologico si tratta di una strategia che potrebbe implicare qualche rischio, come sempre è quando si introducono specie non native in larga quantità. Vero è che finora la vespa samurai sembra avere una preferenza molto spiccata per la cimice asiatica; ma quando questa non è disponibile, e in taluni casi anche in sua presenza, è stato dimostrato che anche altre specie diverse dal bersaglio sono attaccate.

   

Per i motivi riportati, è particolarmente interessante riportare i risultati del primo esperimento europeo in campo e su larga scala del rilascio di un secondo parassita, un’altra vespa in grado di distruggere le uova della cimice asiatica, questa volta però appartenente a specie autoctone europee, l’imenottero Anastatus bifasciatus

    

Si tratta di un esperimento condotto in Italia da ricercatori italiani, che quindi pone in questo settore il nostro paese all’avanguardia.

  

Nell’estate del 2020, sono state rilasciati 325.000 individui di questa specie in 11 campi sperimentali, cioè circa 1000 vespe per ettaro. Nei siti di rilascio, le vespe hanno scoperto circa un terzo delle uova di cimice asiatica, di cui circa una su cinque è stata parassitata, contro meno del 2 per cento per quel che riguarda i siti ove non sono avvenuti rilasci.

  

Inoltre, è stato dimostrato che il rilascio massivo e ripetuto delle vespe non ha inciso sugli individui di altri parassitoidi naturali già presenti sul luogo, non disturbando quindi in modo significativo la catena alimentare ivi stabilita.

  

La cosa interessante è che la specie di vespa nativa utilizzata non solo parassitizza le uova della cimice asiatica, ma, una volta adulta, si nutre di quelle stesse uova; di conseguenza, il reale effetto di controllo è il combinato disposto di parassitismo e predazione, per un effetto atteso che può davvero essere interessante.

 

A questo punto, sarebbe interessante un controllo “testa a testa” con la vespa samurai: se si dimostrasse che la specie europea è altrettanto o più efficiente della specie alloctona, o anche se fosse inferiore ma non distantissima, la scelta di cosa utilizzare sarebbe chiara.

  

Nel frattempo, i rilasci della vespa samurai sono iniziati; è quindi fondamentale il monitoraggio in campo non solo dell’effetto sulla cimice asiatica, ma anche sul resto dell’entomofauna locale.

  

Alla fine, bisognerà fornire agli agricoltori un’indicazione chiara ed un mezzo utile di controllo, ma la ricerca scientifica deve muoversi tenendo conto di tutti i costi, oltre che dei benefici, per non ripetere gli errori dovuti all’introduzione di specie aliene apparentemente benefiche, ma in realtà presto divenute invasive e in grado di alterare le caratteristiche di un intero ecosistema, quando non di produrre danni impensati direttamente all’uomo.

 

L’ecologia è il regno della complessità: cerchiamo di evitare soluzioni apparentemente semplici, le cui ripercussioni impreviste possono generare e amplificare problemi non inizialmente individuati, e seguiamo le indicazioni dei nostri ricercatori, specialmente quando i loro progetti e risultati rappresentano un unicum nel panorama europeo.

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