Cattivi scienziati

Il virus, i vaccini e i doveri morali di un ricercatore

Enrico Bucci

Dati e studi scientifici hanno salvato vite, permesso di ottenere i primi antivirali e ridotto di molto i costi della pandemia. Divulgarli è una responsabilità 

Capita a volte che io mi interroghi sull’opportunità di comunicare al pubblico notizie riguardo SARS-CoV-2. Capita anche che, fra il pubblico, qualcuno muova critiche più o meno forti al fatto stesso di dare certe informazioni, preoccupato – io credo sinceramente – dell’impatto che tali informazioni, quando non riguardino novità positive e proposte pratiche su cosa fare, potrebbero avere sulla psiche comprensibilmente provata di tutti noi. È di nuovo capitato, in occasione del mio articolo di ieri circa l’emersione delle sottovarianti di Omicron BA.4 e BA.5 e i primi dati che abbiamo su queste, dati che indicano una maggiore trasmissibilità e soprattutto l’evasione immunologica anche nei soggetti da poco infettati da Omicron BA.1, che siano vaccinati o meno. Oggi avrei dovuto scrivere della variante che preoccupa gli Stati Uniti, la BA.2.12.1, un discendente di Omicron BA.2 che mostra maggiore trasmissibilità, immunoevasività e che, come già osservato per BA.2 rispetto a BA.1 in animale, potrebbe essere un po’ più virulenta della variante Omicron di partenza, cosa che accerteremo presto a seguito della ripresa dei casi e delle ospedalizzazioni che si stanno accompagnando alla diffusione in Usa di questa nuova sotto-variante. Invece di approfondire questo argomento, credo che sia più importante riflettere sulla questione iniziale, quella dell’opportunità di illuminare certe tendenze, certi dati, certe evoluzioni che avvengono mentre la pandemia si sviluppa ancora, oltre due anni dal suo inizio, nonostante vi fosse chi sosteneva che nessuna pandemia virale potesse durare oltre due anni. Ora, per meglio far comprendere al lettore le mie posizioni, è bene ricordare che essere un ricercatore, e per giunta un ricercatore la cui base di conoscenze si è formata grazie ad un ampio sistema di formazione e di ricerca pubblico, finanziato dai cittadini, comporta dal punto di vista dell’etica professionale alcune ineludibili responsabilità, a fronte di una non comune libertà e di una tutela di rango costituzionale nel condurre il proprio lavoro e nell’esprimere la propria creatività. La più ovvia fra queste responsabilità è la produzione di dati accurati e affidabili su cui possano fare affidamento i colleghi e il pubblico.


Siccome in generale l’avanzamento delle conoscenze si accompagna anche a possibilità nuove di manipolazione del mondo intorno a noi, gli scienziati hanno poi anche la responsabilità di opporsi all'uso improprio o all’abuso nell'applicazione dei risultati delle proprie ricerche, occupandosi possibilmente in anticipo sia dei limiti che degli impatti prevedibili del loro lavoro.Ma soprattutto – e qui arriviamo al punto che ci interessa - gli scienziati hanno la responsabilità di partecipare alle discussioni e alle decisioni della società, quando le conoscenze di cui sono in possesso, utilizzate nel modo appropriato, servano ad affrontare problemi, situazioni nuove, pericoli, oppure a migliorare la salute, ad aumentare le opportunità, a cogliere tutti i vantaggi che sia possibile per migliorare lo stato di tutti. Inoltre, la promozione e la diffusione della conoscenza scientifica fra il pubblico, dal quale in ultima analisi si è ricevuta la fiducia e le risorse necessarie ad acquisirla, sono un dovere non derogabile, perché è attraverso questo processo divulgativo che un ricercatore può migliorare e facilitare il processo decisionale informato da parte della società e lo stesso esercizio dei diritti democratici.
 

Sono questi i doveri morali per i quali non posso sottrarmi al mostrare al pubblico quali siano i problemi di un certo vaccino, oppure quali siano le ultime evoluzioni di un virus, o dove sia visibile una speranza di miglioramento della situazione attuale; e sebbene sia ovvio che solo una piccola parte dei ricercatori hanno la possibilità, la capacità e l’opportunità di spiegare di cosa si stia venendo a conoscenza, proprio mentre il processo è in corso, se uno scienziato ha anche solo il sospetto di poter riuscire a dare il suo contributo al dibattito pubblico, naturalmente nella forma di un’informazione solidamente ancorata al metodo e ai dati caratteristici della scienza moderna, non credo possa facilmente sottrarsi al richiamo della propria coscienza.
 

Non potendo mancare a quel richiamo, chiedo fin d’ora scusa a tutti coloro che si sentiranno offesi nel sentire di virus che non rabboniscono, di pandemie non ancora terminate, di varianti sempre più infettive ed abili ad aggirare la risposta immune che abbiamo costruito con i vaccini e di altri dati che non portino al miglioramento del nostro umore, in assenza di rimedi già pronti e di soluzioni facili. È guardando alla realtà che si sono salvate vite con i vaccini, ottenuti i primi antivirali ed in generale abbassati di molto i costi della pandemia; mostrarla a tutti, quando e se mi è possibile coglierne qualche dettaglio attraverso lo sforzo dei ricercatori, è quel che intendo fare.

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