Cattivi scienziati

Ecco il virus che verrà

Enrico Bucci

Una rete internazionale di prevenzione e monitoraggio contro le prossime pandemie è quello che serve per arrivare preparati dopo l'esperienza del Sars-Cov-2

La catena di eventi che porterà alla prossima pandemia è già iniziata. Per capirlo, possiamo guardare a cosa è accaduto negli anni trascorsi prima della pandemia attuale. Nello Yunnan, in Cina, già nel 2018 un lavoro aveva stabilito su campioni di siero del 2015 che il 3 per cento di coloro che abitavano in prossimità delle grandi colonie di pipistrelli nelle caverne di quella regione risultarono positivi per la presenza di anticorpi contro un coronavirus di pipistrello imparentato alla lontana con Sars-1. Eppure, nessuno di quegli individui aveva mai avuto alcun sintomo di Sars, nonostante in ogni occasione di epidemia di quel virus si fosse sempre osservata un’alta prevalenza di sintomi e di morte; dunque, concludevano gli autori dello studio, ad aver infettato gli abitanti del luogo era stato qualche coronavirus ignoto, che aveva fatto il salto di specie ma non si era propagato a sufficienza tra la popolazione umana.

 

In un lavoro su un campione molto più ampio nel sud della Cina, pubblicato nel 2019 ma riferito a campioni di siero collezionati tra il 2015 e il 2017, si erano trovati anticorpi contro il coronavirus in una piccola frazione di popolazione, inferiore all’1 per cento, ancora una volta senza che nessuno avesse riportato sintomi; ma nella stessa popolazione studiata, circa il 5 per cento degli individui avevano sofferto di sindromi respiratorie Sars-like, causate presumibilmente da coronavirus sconosciuti che inducevano anticorpi diversi da quelli usati per lo screening sierologico. Questo studio non aveva portato solo all’evidenza di uno spill-over in corso, come lo studio precedente, ma anche del fatto che una sindrome simile a quella della Sars, che però non era causata dal virus di Sars-1, si stava già manifestando in alcuni focolai. Si sarebbe potuto trattare persino di sintomi dovuti a qualche progenitore di Sarsa-CoV-2, o di un futuro coronavirus pericoloso, un ipotetico Sars-3.

 

Ancora: andando a esaminare campioni tratti da 301 pazienti con polmonite virale, ammalatisi tra il 2017 e il 2018 in Malesia, nei tamponi nasofaringei di 8 di questi si è trovato un coronavirus ricombinante canino-felino, prima sconosciuto alla scienza, che portava la stessa mutazione trovata in Sars-1 e Sars-CoV-2 presumibilmente associata al salto di specie, nonostante si trattasse di un coronavirus di tipo alfa, invece che beta (ecco: questo sì che è un magnifico esempio di omoplasia).

 

I casi citati si riferiscono a coronavirus sconosciuti, in grado di causare sindromi simili alla Sars, che avevano infettato esseri umani nei 5 anni precedenti all’attuale pandemia; è nell’ambito di simili focolai infettivi che potrebbe essersi nascosto il progenitore che ha dato origine a Sars-CoV-2, ed è nel presumibile, continuo ripetersi di questi eventi che, ancora oggi, si nasconde l’origine della prossima pandemia virale – non necessariamente causata da coronavirus di tipo Sars che di tanto in tanto contagia i soggetti a contatto con i pipistrelli fino a causare focolai epidemici preoccupanti. Sebbene non sia mai stato finora possibile prevedere con successo l’emergere di una pandemia (anche a causa dell’inerente stocasticità dell’innesco pandemico, soprattutto nelle fasi iniziali), si è tuttavia ottenuta una mappa robusta e funzionante delle “regioni calde” del mondo da cui vi è un’alta frequenza e probabilità di emersione di malattie pandemiche.

 

A partire da questi dati, i ricercatori e le autorità sanitarie internazionali chiedono da tempo di istituire una rete di ospedali sentinella, la quale dovrebbe essere ben coordinata e dotata di tutto il necessario per il sequenziamento rapido e l’isolamento di nuovi patogeni in campioni isolati a partire da pazienti sospetti, con nodi regionali attrezzati allo scopo. La sorveglianza coordinata internazionale è la chiave per anticipare le future, inevitabili nuove pandemie, accelerare la preparazione di risposte adeguate sia in termini di policy sia di sviluppo di vaccini e farmaci, mitigare la capacità di diffusione prima che sia troppo tardi.

 

La buona notizia è che una rete di sorveglianza globale, la Cords, esiste già; la notizia cattiva è che le sue attività sono ancora largamente ostacolate e rese tardive e inutili dalla frammentazione dei sistemi sanitari nazionali e dalla burocrazia sovranazionale, oltre che dal sottofinanziamento. Invece di pensare ai pur indispensabili piani pandemici nazionali, è ora di volgere lo sguardo verso questo tipo di iniziative internazionali, perché né l’attuale né i prossimi patogeni ad alta infettività riconoscono confini e burocrazie nazionali.

Di più su questi argomenti: