Così i dubbi di Ema su AstraZeneca mettono a rischio la campagna vaccinale 

Giovanni Rodriquez

Continuano le valutazioni dell'agenzia europea sul nesso tra trombosi e il vaccino anglo svedese. Un riscontro è atteso per domani, ma resta da capire cosa scatena queste reazioni. Saranno le agenzie nazionali a decidere se introdurre limitazioni, mentre la sicurezza percepita del farmaco traballa 

Il Comitato per la sicurezza di Ema (Prac) sta continuando la sua valutazione dei casi segnalati di coaguli di sangue, inclusi alcuni molto rari con caratteristiche insolite come un basso numero di piastrine, nelle persone vaccinate con il vaccino Covid-19 AstraZeneca. I risultati confluiranno in un aggiornamento delle raccomandazioni che il Prac dovrebbe rendere noto mercoledì o al più tardi venerdì, in occasione della riunione plenaria in corso fino al 9 aprile.

 

In attesa del responso ufficiale, questa mattina è intervenuto il responsabile per i vaccini di Ema, Marco Cavaleri, che al Messaggero ha detto: “Secondo me ormai possiamo dirlo, è chiaro che c’è un’associazione con il vaccino. Cosa causi questa reazione, però, ancora non lo sappiamo”. Una affermazione che ha suscitato subito allarme, prima di tutto tra le categorie già vaccinate con AstraZeneca, che ora attendono la seconda dose, e poi tra chi si è già prenotato per la somministrazione di questo vaccino.

 

Se il nesso dovesse essere confermato ufficialmente, resterebbe ancora da capire cosa scatenerebbe queste reazioni. Su questo punto al momento non vi è alcuna certezza e le indagini proseguono. Non mancano però alcune ipotesi. Da uno studio tedesco emergerebbe che questi eventi rarissimi potrebbero essere generati da una predisposizione genetica. Si scatenerebbe così una reazione immunitaria con la produzione di quegli anticorpi antipiastrinici che determinerebbero il rischio non solo di rare forme di trombosi cerebrali della vena sinusale ma anche di episodi emorragici. Resterebbe poi da capire se è l'adenovirus a scatenare questa razione autoimmune.

 

Alla luce di queste nuove evidenze, resta da capire cosa deciderà l'Ema. Probabilmente le indicazioni non cambieranno. Entro venerdì dovrebbero arrivare le prime definizioni preliminari, ma in assenza di certezze sulla causa scatenante difficilmente si indicheranno limiti di età, come hanno fatto alcuni singoli paesi. Resterebbe poi ancora valida quell'indicazione che l'Agenzia europea del farmaco ha continuato costantemente a ripetere nell'ultimo mese, ossia che i benefici contro il Covid del vaccino di AstraZeneca restano superiori rispetto a quei rischi di eventi avversi che, seppur possibili, sono rarissimi. Almeno a livello di popolazione generale.

 

Diversa invece l'analisi sulle varie fasce di età. Si dovrà capire se le giovani donne, spesso protagoniste di questi casi particolari di trombosi, possano essere esposte a rischi maggiori con AstraZeneca rispetto all'eventuale contagio da Covid. La valutazione sarà quindi focalizzata sul rapporto rischi benefici, per capire se è o meno a favore del vaccino per tutte le fasce d'età. O se magari sia il caso di ricorrere solo a determinati vaccini per una certa categoria di popolazione. 

 

In Italia sarà l'Aifa a dover decidere cosa fare. In caso di comunicazione di accertato nesso causale da parte del Prac è molto probabile che anche l'agenzia italiana seguirà le limitazioni per età, escludendo le fasce più giovani, come già avviene dalla scorsa settimana in larga parte d'Europa. 

 

È quindi ipotizzabile uno stop alle vaccinazioni per gli under 55. Un'ipotesi è quella di lasciare aperti i richiami a chi ha già fatto la prima dose di AstraZeneca tra gli under 55, percorrendo una via diversa rispetto a quanto deciso dalla Germania.

 

Di certo le ripercussioni sulla campagna vaccinale non mancheranno. Il danno di immagine sulla percepita sicurezza del vaccino AstraZeneca, già molto discussa dopo lo stop and go delle settimane scorse, sarebbe ormai difficilmente arginabile e resterebbe da capire a quanto ammonterebbero le rinunce.

 

In Italia da qui a fine anno sono attese oltre 34,7 milioni di dosi del vaccino anglo-svedese, con le quali poter vaccinare più di 17 milioni di persone. Un crollo delle adesioni comporterebbe un inevitabile allungamento dei tempi della campagna vaccinale con uno slittamento rispetto agli obiettivi di immunità di gregge di almeno alcuni mesi. Con ripercussioni anche a livello economico e sociale.

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