(foto Ansa)

cattivi scienziati

Scenari Sì vax

Enrico Bucci

Alcune ipotesi sull’impatto dei vaccini anti Covid (in attesa dei farmaci)

Avendo discusso ieri di cosa dobbiamo aspettarci nel mondo reale a partire dall’efficacia di un vaccino misurata in un clinical trial, proviamo oggi a immaginare alcuni possibili scenari. Il punto di partenza è che, quanto più un vaccino è efficace, tanto maggiore sarà la pressione selettiva applicata su una popolazione virale che potrebbe portare a selezionare varianti immunoevasive. Se la popolazione virale di partenza è molto grande – come in una pandemia – queste varianti saranno quasi certamente già presenti, perché selezionate dalla nostra stessa risposta immune. Esse potrebbero inizialmente circolare a livelli piuttosto bassi, magari perché leggermente sfavorite dal punto di vista della infettività o della capacità di replicarsi rispetto alle altre. Nel momento in cui però il vaccino comincia a essere somministrato su larga scala, queste varianti si trovano a essere favorite; e se, oltretutto, si tratta di vaccinare il mondo, giocoforza vi saranno sacche di popolazione non vaccinata in cui si avrà maggior tempo perché la variazione casuale produca ulteriori mutazioni che, ricombinando con le prime, potrebbero dare virus immunoevasivi e in grado di infettare efficientemente l’ospite.

 

Dunque, supponiamo che in un anno la vaccinazione elimini anche il 90 per cento dei virus circolanti, perché appartenenti a varianti sensibili al vaccino; il rimanente 10 per cento comincerebbe a espandersi e sicuramente sarebbe necessario intercettare le corrispondenti mutazioni mediante sequenziamento per sviluppare nuove versioni del vaccino, come si fa con l’influenza. Se saremo bravi, riusciremo ad avere il nuovo vaccino e a somministrarlo prima che le varianti resistenti al vecchio riescano di nuovo a infettare tanti individui quanti erano quelli infetti all’inizio del gioco; e così, da un vaccino al successivo, magari di anno in anno (ma potrebbe darsi anche su scale temporali diverse), potremmo riuscire con un processo continuo di abbassamento della popolazione virale, sua parziale ripresa e ulteriore abbassamento, ad arrivare dopo molte oscillazioni a una quantità minima di virus circolante, che tranne casi particolarissimi non riusciremo mai a eradicare – a causa del fatto che nessun vaccino copre al 100 per cento, che esistono sempre popolazioni umane suscettibili (come gli immunodepressi e i No vax) e per difetti vari nel processo di vaccinazione. Questo sarà il punto in cui, invece di avere una pandemia, se le cose saranno andate come descritto avremo tante endemie nei vari paesi, come avviene per molti dei virus umani.

 

A questo punto, è ovvio che il processo per arrivare a un migliore equilibrio con il virus richiederà tempo; nel frattempo, dobbiamo preoccuparci non solo dei vaccini, ma anche dello sviluppo di farmaci. Quelli che interferiscono direttamente con il virus, cioè gli antivirali, naturalmente operano la selezione di forme resistenti esattamente come i vaccini; tuttavia, possiamo anche cercare di mitigare la patologia indotta modulando bersagli farmacologici dell’ospite – per esempio, cercando di impedire la famosa tempesta citochinica, o la coagulazione, eccetera. Questa seconda categoria di farmaci ha il vantaggio che, in linea di principio, non seleziona virus resistenti: se ci ammaliamo o meno, purché il virus possa replicare, non vi saranno effetti darwiniani selettivi. Sono necessari quindi approcci complementari: da un lato, vaccini e antivirali, per diminuire al minimo possibile la circolazione del virus nel mondo (a costo di indurre mutazioni da inseguire con riadattamenti continui); dall’altro, farmaci sintomatici per ridurre la patogenicità che inevitabilmente, e per molto tempo ancora, continuerà a essere un problema, visto che ci continueremo a infettare (sperabilmente in proporzioni sempre più piccole). A meno che, come una vincita alla lotteria, il virus scompaia improvvisamente, una possibilità sulla cui probabilità non scommetterei, questo è quanto è possibile prevedere ad oggi: ci aspetta una lunga oscillazione epidemiologica che dovremo via via smorzare sempre più, arrivando al punto di equilibrio più favorevole possibile. Grazie ai vaccini e agli antivirali potremmo ridimensionare sempre di più i picchi pandemici, grazie ai farmaci sintomatici potremmo diminuire gli effetti delle inevitabili riprese in questa dinamica oscillante. I vaccini ormai, se non insorgeranno difficoltà improvvise di produzione, possiamo dire di averli e di poterli riadattare alle mutazioni; è ora di rivolgere la nostra attenzione anche ai farmaci in sviluppo, non meno interessanti.

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