cattivi scienziati

Parlando di ricerca scientifica fidarsi è bene, verificare è meglio

Enrico Bucci

Nell’ultimo anno in media è morto per Covid-19 circa un italiano ogni 5 minuti. ma c'è un motivo di ottimismo: tutti i vaccini di cui abbiamo informazione hanno quasi azzerato le morti e drasticamente ridotto le ospedalizzazioni. Ora è necessaria più che mai la funzione correttiva della comunità scientifica, basata sulla concorrenza intellettuale fra i singoli ricercatori

Se andiamo a contare, nell’ultimo anno in media è morto per Covid-19 circa un italiano ogni 5 minuti. Basterebbe questa cruda considerazione per capire come mai tanti concittadini oscillano tra un cupo pessimismo sul proprio futuro e su quello di tutti, e un pazzo negazionismo scriteriato, che per risolvere il problema lo cancella cognitivamente (opponendosi, per ovvie ragioni, a tutto ciò che quel problema riporta alla coscienza, a partire dalle misure di contenimento).

   
Eppure, dovremmo considerare anche le ragioni che inducono speranza in un futuro molto migliore – senza naturalmente con questo volere indurre il lettore a un ingenuo e incauto ottimismo nelle magnifiche e progressive sorti dell’umanità.

   
Queste ragioni di ottimismo derivano dal funzionamento dell’applicazione di un vasto corpus di conoscenze scientifiche di base alla produzione di vaccini efficaci. Per farla breve: tutti i vaccini di cui abbiamo informazione, siano essi in stadio avanzato di sviluppo oppure già utilizzati su larga scala, hanno quasi azzerato le morti per Covid-19 e drasticamente ridotto le ospedalizzazioni, dal punto in cui li stiamo utilizzando su insiemi via via più ampi di persone – e ormai si tratta di svariati mesi, se consideriamo i trial clinici, e svariati milioni di persone, se consideriamo i risultati pur provvisori che giungono da Israele o dall’Inghilterra.

     
E’ questo ciò che spinge Anthony Fauci a parlare di “risultati spettacolari”, ed è questo che dobbiamo tenere bene a mente quando scegliamo quale obiettivo sia quello da raggiungere nell’immediato: vaccinare, vaccinare e ancora vaccinare, con tutto quello che ne consegue in termini di organizzazione e destinazione di fondi e risorse.

     
Cosa potrebbe rendere vano un ottimismo del genere? Sostanzialmente, l’interferenza della politica con la scienza, in un momento in cui è vitale avere informazioni di qualità più che controllata. Semplificando – mi scuseranno epistemologi e giuristi – uno scienziato, per raggiungere un certo scopo, decide cosa sia utile fare dall’analisi dei fatti, un politico dall’analisi degli interessi concorrenti; e ci tengo a dire che, finché si tratta di interessi leciti e pubblici, abbiamo bisogno del politico quanto dello scienziato. Quando però gli scienziati, in quanto esseri umani, partecipano degli interessi dei politici, e quando questi interessi non sono propriamente quelli tesi al bene comune (dove comune, in una pandemia, significa davvero di tutti), allora anche la conoscenza scientifica è distorta per un’agenda che non le è propria.

     
Ecco perché è necessaria più che mai la funzione correttiva della comunità scientifica, basata sulla concorrenza intellettuale fra i singoli ricercatori: c’è bisogno di verificare per tempo la solidità della ricerca altrui. Per far questo, in campo medico, ci sono due vie: una diretta, che consiste nell’avviare una sperimentazione clinica di verifica, e una indiretta, che consiste nel ripetere l’analisi matematico-statistica dei dati portati dagli autori di certe affermazioni a supporto di quelle, per vedere se tale supporto regge. La seconda è una verifica di minima, che si basa naturalmente su una regola fondamentale: la possibilità di accedere ai dati originali, per ripetere o ampliare le analisi necessarie. Se una delle due verifiche è per principio impossibile o viene negata rendendo inaccessibili i dati originali di uno studio, allora non siamo davanti a un risultato credibile e, nel migliore dei casi, abbiamo davanti solo ipotesi interessanti, pure se pubblicate sotto l’apparenza di articoli scientifici in riviste prestigiose. Ecco perché, nonostante l’ottimismo di fondo, preferisco affidarmi a una semplice regola: fidati, ma verifica.
  

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