(Roscosmos Space Agency Press Service via Ap)

Chi ha paura degli asteroidi

Umberto Minopoli

Crescono le assicurazioni contro gli oggetti che cadono dal cielo, ma la minaccia si è già trasformata in opportunità

E’ singolare, ma che, dal cielo, qualcosa potesse caderci addosso lo sappiamo da molto poco. Esattamente 226 anni. Tutto si deve all’intuizione di un prete italiano, Ambrogio Soldani. Nel giugno del 1794 raccolse, nella campagna senese, alcuni strani sassi di apparente origine vulcanica (in quei giorni a Napoli eruttava il Vesuvio). Li sottopose per un esame a geologi napoletani e tedeschi. Emerse la natura cosmica dei ciottoli. In realtà, sotto forma di meteoroidi o meteoriti (la differenza è oziosa), il bombardamento dal cielo (intenso nelle fasi di formazione del pianeta) c’è sempre stato. E se non avesse un’atmosfera e una vita interna attiva (nucleo caldo, eruzioni, terremoti, tettonica a placche) che cancella i crateri, la Terra sarebbe come la Luna o Mercurio: piena di buche e crateri. Almeno una volta, com’è noto, un impatto cosmico, 66 milioni di anni fa, produsse persino l’estinzione dei dinosauri e del 75 per cento delle specie viventi. Per fortuna, dopo di allora, il cielo sembra essere diventato un posto tranquillo. E’ così? Ogni giorno, a una cadenza di 30 secondi, precipitano sulla Terra tra le 100 e le 500 tonnellate di materiale cosmico. Si tratta, per lo più, di oggetti di minuscole fattezze (tra il granello di sabbia e il ciottolo) che, se sopravvivono alla disintegrazione per attrito nel passaggio in atmosfera, finiscono in mare, in zone desertiche o… in Siberia. Solo per una statistica di probabilità: il 90 per cento della superficie terrestre è costituita da acqua o zone inabitate.


Almeno una volta, com’è noto, un impatto cosmico, 66 milioni di anni fa, produsse l’estinzione del 75 per cento delle specie viventi


 

Dunque, dal cielo roba che cade c’è. E non si tratta sempre di sassi e ciottoli. A distanza di un secolo esatto l’uno dall’altro ci furono due eventi analoghi: nel 1908 a Tunguska in Siberia e nel 2013 a Celjabinsk negli Urali orientali ci fu l’esplosione a qualche chilometro dal suolo di un grosso meteorite. Qualche decina di metri di lunghezza produssero gli effetti distruttivi di un pesante terremoto. Fortunatamente, le zone erano scarsamente popolate. Esistono persino le prime polizze assicurative per pioggia di oggetti dallo spazio, ma riguardano la caduta di “oggetti artificiali” (la copiosa spazzatura di detriti di sonde e satelliti), non i sassi cosmici. Ma esiste il pericolo di impatto con oggetti più consistenti di sassi e ciottoli? Questi ultimi, sono consueti. Quelli parzialmente distruttivi (oggetti delle fattezze, decine di metri, degli eventi in Russia) sono rari e improbabili. Quelli, infine, estintivi del tipo dell’impatto del Cretaceo di 66 milioni di anni fa (oggetti che superano il chilometro di dimensione) sono da escludere in intervalli inferiori alle molte decine di milioni di anni. Detto questo, siamo piuttosto nevrotici nel rapporto con gli asteroidi: ne abbiamo un timore quasi ancestrale, ma a differenza di stelle e pianeti ci teniamo lontani, forse per rimozione, dallo studio e dalla curiosità su di essi. Che, invece, sono oggetti affascinanti e ricchi di interesse. Non meno, ad esempio, delle lune di Giove o di Saturno. Le potenze spaziali e l’astrofisica, per fortuna, non condividono questa assenza di interesse. Anzi.

 

Tutto nasce da un episodio di 26 anni fa. Una coppia di astronomi americani, Eugene e Carolyn Shoemaker, e il canadese David Levy, stavano osservando da qualche anno una strana e anonima cometa (prenderà il loro nome passandoli alla storia) che vagava nei pressi di Giove, catturata dalla sua immensa gravità. La cometa sembrava agonizzare, frantumata in pezzi dalla forza attrattiva del gigante. Poi, d’improvviso, alle 23 e 30 del luglio 1994, la svolta drammatica: la cometa, anzi i pezzi che ne erano rimasti, punta il gigante e si schianta, quasi fosse un kamikaze, sulla superficie del gigante gassoso. Per la prima volta e in diretta, l’umanità potè osservare l’evento a cui assistettero, per una volta soltanto, i simpatici dinosauri: un impatto cosmico dalle conseguenze apocalittiche, perfino per il ciclopico Giove. Fu uno spettacolo per l’umanità, ma fu, invece, impressionante e preoccupante per gli scienziati della Nasa: quello spazio di cielo del sistema solare interno di cui facciamo parte, tra Saturno e Mercurio, dominato dall’immensa gravità di Giove, non era affatto un luogo tranquillo. Un incubo si materializzò: comete e asteroidi potevano colpire un pianeta. L’apocalisse dei dinosauri tornava a turbare l’immaginario e ad allarmare i policy maker. Il Congresso americano, nel 1988, operò una svolta di agenda: ordinò alla Nasa di mappare tutti gli oggetti cosmici (asteroidi, comete, sonde, meteoroidi) orbitanti nello spazio intorno alla Terra entro un raggio di 1,3 unità astronomiche (Ua), oltre 200 milioni di chilometri dal nostro pianeta. Perché proprio quella distanza? Si riteneva che il rischio per la Terra riguardasse gli oggetti cosmici le cui orbite sfioravano l’eclittica, la linea ideale del viaggio annuale della Terra intorno al Sole. Erano quelli che la Terra, inconsapevole, poteva trovarsi sul suo cammino. Tutto ciò che sarebbe stato trovato in quella regione di spazio sarebbe stato definito un Neo (Near Earth Object), un potenziale pericolo da monitorare. Si avviò un’epopea e iI risultato ha dell’eccezionale. Al tempo dell’impatto della Shoemaker-Levy si conoscevano, più o meno, 10.000 Neo. A trent’anni dalla svolta del Congresso Usa contiamo ormai il milione. Dei Neo più grandi e pericolosi, gli oggetti che superano il chilometro di estensione, si conosce, ormai, il 97 per cento della popolazione: diciamo 900 su 920. Siamo in grado di distinguere gli asteroidi per dimensioni, caratteristiche (rocciosi o ferrosi), contenuto di materiali e composti, direzione e ampiezza delle orbite. Ogni categoria ha il suo nome, talvolta, esotico: Aten, Apollo, Amor. Per me, i più affascinanti (purtroppo pochi) sono i cosiddetti asteroidi Troiani: sono immobilizzati in una strana regione del cielo, i punti di Lagrange. E’ quel luogo in cui la gravità di due corpi – per esempio Sole e Terra – si equilibra, consentendo a un terzo corpo – per esempio un asteroide – di rimanere stabile e inoffensivo nella sua orbita. Se tutti gli asteroidi fossero Troiani…


La paura dell’impatto degli asteroidi ha condotto all’esito opposto: un’opportunità economica e tecnologica


 

La catalogazione dei Neo è il prodotto di una colossale costruzione osservativa chiamata Spaceguard. Ogni notte, migliaia di osservatori e singoli “cacciatori di asteroidi”, con computer, macchine fotografiche digitali e telescopi da campo, scandagliano lo spazio di cielo. Ogni notte, nuovi oggetti si aggiungono all’elenco. La Nasa coordina la caccia e dispone il database informativo. I grandi telescopi terrestri (in Arizona e nel resto del mondo) o in orbita fuori dell’atmosfera, osservano i Neo. Spesso si tratta di oggetti oscuri, inafferrabili. L’ottica nella lunghezza d’onda del visibile non serve a distinguere oggetti neri più dell’asfalto. Servono strumenti osservativi che penetrino l’interno di quei sassi, ne captino il calore (infrarosso) o altre forma di radiazione per poterli “vedere”. Un salto tecnologico sarà il telescopio Flyeye collocato in Sicilia. Il nome evoca la tecnologia: riprodurrà l’incredibile sistema visivo della mosca.

 

Dei Neo conosciamo quasi tutto: dalle dimensioni alla posizione e alla composizione. La conoscenza ha cambiato la visione degli asteroidi e delle comete: da oggetti scuri e monotoni sono diventati miniere, ricolme di acqua ghiacciata e di tutti gli elementi atomici prodotti nella fucina cosmica della formazione del sistema solare: ferro, nichel, cobalto, platino, metalli rari e, persino, gli amminoacidi, le molecole chimiche alla base della vita cellulare a Dna e Rna. Di qui l’idea balenata tra gli strateghi delle politiche spaziali: le basi e le colonie spaziali del futuro (sulla Luna ci torneremo già nel 2024) non avranno bisogno di risorse trasportate dalla terra e sottratte a essa. Su asteroidi e comete è possibile trovare ogni cosa che serva a riprodurre, nello spazio (si dice terraformare) l’ambiente terrestre. Si è aperta, perciò, una nuova pagina dell’esplorazione spaziale: lo scandaglio diretto di comete e asteroidi con missioni che posizionano sonde sulla loro superficie. E’ iniziata la sperimentazione dei progetti innovativi del futuro: la redirect mission, cioè la deviazione delle orbite degli oggetti cosmici a scopi protettivi e di difesa del pianeta; il traino e il trasporto di asteroidi o comete in orbite utili allo sfruttamento e scavo minerario; l’estrazione in loco delle risorse e il loro trasbordo. Asteroidi e comete si avviano a diventare il motore della futura economia dello spazio. Il concetto di risorsa finita sulla Terra è destinata a cambiare al cospetto delle opportunità estrattive di acqua, metano, idrogeno, ossigeno dai nuclei cometari e dagli asteroidi. La paura dell’impatto degli asteroidi ha condotto all’esito opposto: il rischio più catastrofico schiude, invece, a una straordinaria opportunità economica e tecnologica.


Il Congresso americano, nel 1988, ordinò alla Nasa di mappare tutti gli oggetti cosmici orbitanti nello spazio intorno alla Terra


 

Abbiamo parlato dei Neo, ma dove alloggia il resto degli asteroidi e delle comete? Se si sfoglia un atlante del sistema solare comprensivo degli oggetti che lo popolano, oltre i pianeti e le lune, si percepisce una differenza di immagine e geometria impressionante. I pianeti e le lune sono una sfocata rappresentazione di un sistema solare del tutto nuovo, popolato di oggetti innumerevoli e distribuiti su distanze abissali. I luoghi degli asteroidi e delle comete (oltre le orbite “vicine” dei Neo) sono tre: la fascia principale, lo spazio tra Giove e Marte; la fascia di Kuiper, una misteriosa regione ghiacciata oltre l’orbita di Nettuno, dove albergano centomila asteroidi (tra cui lo sfortunato Plutone); infine, la nube di Oort, lontanissima ed enigmatica. Non è una fascia, zona o regione. E’ un pezzo di spazio immenso, buio e freddo, forse occupato anche da materia oscura, che circonda il sistema solare e funge da orlo, confine smisurato. A di là di esso inizia il vero spazio interstellare. Si pensa che lì, nella nube (o cintura) di Oort nasca la maggior parte delle comete che, a distanze ricorrenti, ci fanno visita. Le comete! L’astrofisica è convinta che esse più che gli asteroidi amino, nel loro inquieto cammino verso il Sole, schiantarsi sui pianeti (sul nostro, forse, hanno portato acqua e i composti della vita.


La catalogazione dei Near Earth Objects è il prodotto di una colossale costruzione osservativa chiamata Spaceguard 


A una cometa si attribuisce l’impatto del Cretaceo, quello che 66 milioni di anni fa cancellò i dinosauri e diede inizio al dominio dei mammiferi. Può verificarsi ancora quell’evento? Consiglio agli interessati una straordinaria lettura, “L’Universo invisibile” di Lisa Randall (Il Saggiatore) forse la più importante astrofisica vivente. Sostiene una tesi affascinante, fondata sugli effetti misteriosi della materia oscura che permea l’esterno e l’interno della nostra galassia, sulle cause della catastrofe del cretaceo e sulla cometa che annientò i dinosauri. Non vi anticipo il giallo. Sappiate solo che la scienziata americana scopre una sorta di regola della periodicità degli impatti. Ma state tranquilli: la distanza si misura in decine di milioni di anni. Ai cultori dell’antropocene tocca aspettare ancora un bel po’.