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Dalla cosmologia agli esopianeti. Chi sono i vincitori del Nobel per la Fisica 2019

Paolo Galati

Perché grazie a James Peebles, Michel Mayor e Didier Queloz abbiamo capito di più chi siamo, da dove veniamo e quanti siamo

Lo so che la maggior parte di noi si aspetta un Premio Nobel per i viaggi nel tempo, l’invisibilità, il teletrasporto, passaggi di dimensioni, sogni realizzabili, eterna giovinezza e tecnologie alla san junipero. Mi spiace, ma anche per quest’anno vi dovrete accontentare delle serie tv.

 

Il Nobel per la Fisica 2019 ha premiato il contributo dato alla comprensione dell’Universo e al posto occupato dalla Terra nel Cosmo. In altre parole, abbiamo capito di più chi siamo, da dove veniamo e quanti siamo. In due parole: cosmologia ed esopianeti.

 

Per la Cosmologia mezzo Nobel è stato vinto dal fisico James Peebles (84 anni) e l’altra metà del Nobel per gli Esopianeti da due fisici Michel Mayor (77 anni) e Didier Queloz (53 anni).

  

Partiamo dagli ultimi due. Gli esopianeti sono pianeti extrasolari, cioè non appartenenti al nostro sistema solare. I due fisici sono stati i primi ad averne individuato uno. Era il 1995 e con uno spettrografo di nome Elodie misurarono la luce proveniente da un centinaio di stelle cercando di scovarne almeno una che presentasse qualche piccola anomalia (tecnicamente una sorta di effetto Doppler) dovuta al passaggio di un oggetto proprio davanti alla stella: quell’oggetto si chiama 51 Pegasi ed è stato il primo esopianeta. Certo poco abitabile, caldissimo e di grande massa ma fu sempre il primo. E il primo esopianeta non si scorda mai.

  

Dai, lasciatemi andare un po’ con la fantasia: quel pianeta extrasolare aprì le porte alla possibilità di abbassare il finestrino e guardare verso nuovi mondi mentre il vento solare ci scompigliava i capelli. Scusate, torno subito a parlare di Cosmologia, non vorrei vincere il Nobel per la Letteratura dopo questo verso alla Bob Dylan.

  

Il vincitore più noto dei 3 è sicuramente James Peebles. Teneva già a Princeton delle conferenze molto seguite sulla cosmologia negli anni Sessanta e c’era quando due “elettricisti” della Bell&Telephone vinsero il premio Nobel per la fisica del 1978. Penzias e Wilson stavano lavorando nel New Jersey su un’antenna di 6 metri di diametro. Con questa antenna trovarono un ”disturbo” sul segnale, una sorgente di rumore che non riuscirono a spiegare: continuava ad esserci, in tutte le direzioni, di giorno, di notte, d’estate e d’inverno. Addirittura nella primavera del 1965 la smontarono per ripulirla dal guano dei piccioni che nel frattempo avevano nidificato nell'imbuto dell'antenna. Niente, l'enigma restava: da dove veniva quel segnale, da dove veniva quella radiazione?

 

Questi due signori – ancora in vita – sono ricordati nel campo dell’astrofisica e della radioastronomia per essersi imbattuti, per caso, nella più grande evidenza diretta della teoria del Big Bang. E James Peebles fu uno dei primi a dare l’interpretazione cosmologica, fu il primo a dichiarare in un articolo che quel segnale altro non era che l’eco della radiazione cosmica di fondo: il residuo dell’esplosione che ha dato origine all’universo. Per fare un paragone è come se oggi vicino al Bernabeu si potesse ancora rintracciare l’eco dell’urlo di Tardelli alla finale dei Mondiali ’82. Fu la prima volta che un modello cosmologico trovò una conferma sperimentale. Se oggi, dagli insegnanti delle elementari ai professori universitari, si sente parlare con sicurezza della teoria del Big Bang, dell’evoluzione, della dinamica e della struttura dell’Universo allora un grande grazie dobbiamo dirlo proprio a Peebles.

 

Nella prefazione di suo libro del 1993 “Principles of Physical Cosmology” – uno dei pilastri della Cosmologia – dice: “Faccio i miei migliori auguri alle ricerche in corso nella speranza che rendano obsoleta la cosmologia che ho descritto in questo libro”.

 

Molta acqua è passata sotto i ponti ma la cosmologia è ancora tutta, o quasi, in quel libro.

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