Come il "metodo Iene" mina la fiducia nelle istituzioni scientifiche e democratiche

Gilberto Corbellini

Sull'esperimento del Gran Sasso stessa logica del caso stamina

"Le Iene" hanno dunque colpito ancora. Il danno che le “Iene” fanno al paese e alla cultura scientifica continua a essere devastante e si stenta a capire perché. Il “metodo Iene”, come lo ha chiamato Luciano Capone su queste pagine, applicato a questioni di scienza o di medicina consiste nell’individuare un argomento che susciti una reazione emotiva e che per questo sia in grado di cancellare, non tanto un atteggiamento razionale (che neppure sarebbe possibile in quanto pochi capiscono di cosa si stia parlando), ma la fiducia verso le persone competenti, cioè scienziati e tecnici, dotate di metodi validati per calcolare i benefici e i rischi di una qualche attività umana. Nella fattispecie, l’esperimento sotto il Gran Sasso, ma anche una terapia anticancro piuttosto che una con false staminali.

 

  

Le società moderne si fondano su questa fiducia: ci fidiamo di équipe di tecnici e professionisti che non conosciamo ogni volta che ci sottoponiamo a un intervento chirurgico in ospedale o prendiamo un aereo e un treno ad alta velocità, ma anche quando attraversiamo un ponte sospeso o percorriamo un tunnel sottomarino o saliamo con l’ascensore al 124° piano del grattacielo più alto del mondo a Dubai. Diamo per scontato, senza riuscire a immaginare la scienza e la tecnologia che stanno dietro a questi esempi, che ci si preoccupa innanzitutto della nostra sicurezza.

 

  

Si tratta però di una fiducia precaria. Perché la nostra percezione del rischio è rimasta quella che ha consentito ai nostri antenati di sopravvivere nella savana del Pleistocene, dove era vantaggioso essere avversi al rischio e forse anche sovrastimare la rischiosità di eventi rari, ma catastrofici, e sottostimare quella di eventi frequenti e che causano danni in tempi più dilazionati. Un classico test sulla percezione del rischio in uso nei corsi universitari somministra agli studenti un elenco in ordine alfabetico dei rischi, chiedendo di metterli in ordine di pericolosità. Se nell’elenco c’è l’uso dell’energia nucleare è sicuro che gli studenti la mettono al primo posto, e se c’è l’uso della motocicletta lo collocano a metà dell’elenco. A seguire si mostra loro la graduatoria prodotta da esperti di rischio, che contano morti e invalidi causati dalle centrali nucleari e dalle motociclette, da cui si evince che la motocicletta è più rischiosa del fumo di sigaretta, degli alcolici e delle armi da fuoco. Gli stessi esperti collocano l’uso del nucleare molto dopo nuotare, andare in bicicletta e altre cose apparentemente sicure. Del resto basterebbe chiedere a bruciapelo alle persone se sia più rischioso l’aereo o l’auto, e non pochi direbbero l’areo, pensando al rischio come a qualcosa che spaventa. Più che a qualcosa di matematicamente calcolabile quantificando i danni. La percezione soggettiva del rischio ci tradisce.

 

Il “metodo Iene” consiste quindi nel cercare un argomento che generi o l’emozione della paura, o quelle dell’indignazione e della compassione se si tratta di malattie, per scatenare delle percezioni soggettive dei rischi e mettere in discussione l’affidabilità di scienziati o tecnici. Nel caso del Gran Sasso l’effetto paura è scatenato dalla parola “nucleare” e dall’associazione mistificante tra un esperimento con materiale radioattivo, condotto in condizioni super-controllate, e centrale nucleare, che nell’immaginario collettivo è associata a catastrofi devastanti. Appunto le centrali nucleari sono in cima ai rischi percepiti.

 

Naturalmente la manipolazione psicologica va condita con opportune falsità. E cosa c’è di più manipolatorio che affermare, falsamente, che gli scienziati dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) hanno tenuto nascosto l’esperimento e i rischi? Dire che gli scienziati fanno le cose di nascosto significa accusarli di ingannare la fiducia di chi ne finanzia la ricerca o dei cittadini che vivono nei pressi del centro di ricerca, e noi siamo psicologicamente allertati a temere di essere ingannati e a desiderare che chi lo fa sia perseguito dalla comunità. In uno studio condotto una decina di anni fa in Gran Bretagna da un istituto di sondaggi, si vide che uno dei motivi per cui i cittadini non si fidano degli scienziati è perché pensano che facciano le cose di nascosto.

 

Il “metodo Iene” è comunque flessibile, perché riesce a scatenare istinti che sono culturalmente modulati, usando anche le predisposizioni di carattere altruistico. Come nella vicenda Stamina, dove la compassione naturale per dei bambini malati era usata per scatenare una campagna a favore di Vannoni. Che almeno è finito in prigione. Mentre chi ha montato mediaticamente il caso con indifferenza per il male che causava, cioè “Le Iene”, non ha avuto conseguenze e continua a fare danni. Nel caso Stamina, che ha visto “le Iene” protagoniste di una delle più disgustose e dannose manipolazioni mediatiche, le emozioni chiave erano la compassione per i bambini con malattie gravi e senza cure, e l’indignazione perché gli scienziati erano contrari e consentire l’uso dello pseudo-trattamento di Vannoni, pur in assenza di cure. La risonanza emotiva potenziale della vicenda Stamina, era largamente superiore, al caso Gran Sasso, anche perché in quel caso furono coinvolti personaggi dello spettacolo ed entrarono in campo i giudici. Ora, è improbabile che un cantante famoso o un giudice compromettano la reputazione per un esperimento sui neutrini, dove chiunque abbia un minimo di sale in zucca sa che l’approvazione è passata attraverso attente valutazioni, e che sono state prese precauzioni che vanno oltre quelle consigliate dai calcoli. Per cui è improbabile che in questo caso l’effetto distruttivo per la convivenza civile sia ottenuto da “Le Iene”.

 

L’Italia è, tra i paesi occidentali, uno di quelli che hanno il più basso livello di fiducia nelle istituzioni e nella democrazia. Le campagne mediatiche e politiche che insistono nel prendere a picconate, usando il sospetto e la menzogna, anche quel poco che è rimasto di parzialmente sano, come le istituzioni scientifiche, stanno perseguendo malvagiamente l’obiettivo di trascinare il paese in una nuova barbarie civile.

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