Un ghepardo nella foto di Tambako The Jaguar (via Flickr)

Così You Tube svela il segreto delle nostre risate

Daniele Pirozzi

Alcuni ricercatori della University College London hanno trovato una soluzione a dir poco “contagiosa” per far ridere i partecipanti dei loro studi

Da decenni gli scienziati intenti a studiare la risata incontrano sempre lo stesso ostacolo: è difficile far ridere qualcuno in laboratorio. Questo perché la risata è un comportamento sociale sensibile al contesto in cui avviene e non basta chiedere a qualcuno di ridere per ottenere l’effetto sperato. Immaginate di vedere per la prima volta I Corti di Aldo, Giovanni e Giacomo in un teatro illuminato da fredde luci al neon, in mezzo a sconosciuti e con le sedie posizionate a due metri le une dalle altre. Perfino lo sketch più divertente vi farebbe sorridere appena. Contrariamente alla credenza comune, infatti, solo nel venti per cento dei casi ridiamo in risposta a battute o a scherzi. Il più delle volte, alla base del nostro ridere a crepapelle, c’è la giocosità della situazione, il sentirci parte di un gruppo e il fatto che è sufficiente che qualcuno rida di gusto (in particolare qualcuno che apprezziamo) per ritrovarci contagiati in pochi istanti.

   

Ecco perché Sophie Scott, neuroscienziata cognitiva della University College London, che da anni studia questa forma di comunicazione, nei suoi esperimenti invita partecipanti che siano amici tra di loro ai quali fa guardare dei video divertenti su YouTube. Proprio come un comico riscalda il suo pubblico prima di uno spettacolo, Scott e colleghi trasformano il loro laboratorio in un setting sociale, consapevoli che la risata è un po’ come le ciliegie, una tira l’altra. E anche se l’idea che dei buffi video possano accrescere il nostro sapere scientifico può sembrare poco seria, l’intuizione di Scott prende spunto da due aspetti fondamentali che sappiamo sulla risata: è altamente contagiosa e quando siamo in compagnia abbiamo trenta volte più probabilità di ridere rispetto a quando siamo da soli.

   

Ecco alcuni dei video scelti dal team di ricerca londinese. Un consiglio: non guardateli in biblioteca o durante una riunione di lavoro.

1) (Non) smetto quando voglio: un conduttore televisivo alle prese con un attacco di ridaròla in seguito a una gaffe ‘rumorosa’.

 

 

2) Epic fail: Un ragazzo confonde il significato dell’espressione “rompere il ghiaccio” scatenando l’ilarità degli amici.

 

 

3) Contagio (il migliore in assoluto): la catena di risate via Skype, nella quale un soggetto guarda nello schermo una persona ridere e, ridendo a sua volta, contagia lo spettatore successivo, in un succedersi di risate potenzialmente infinite.

 

 

State ridendo anche voi? E’ normale. La capacità del riso di contagiare gli altri è visibile anche a livello cerebrale: studi condotti con tecniche di neuroimaging dimostrano che vedere o sentire qualcuno ridere attiva automaticamente regioni motorie e premotorie – come l’insula anteriore – coinvolte nella produzione di espressioni emozionali, facilitando la risonanza emotiva.

   

E non è tutto. Registrando tramite fMRI (risonanza magnetica funzionale) l’attività cerebrale durante l’ascolto di una risata, si è visto che il nostro cervello riesce a distinguere tra una spontanea e una volontaria. La prima attiva regioni del lobo temporale che, essendo implicate nella processazione dei suoni, potrebbero essere ‘incuriosite’ dalle vocalizzazioni inusuali che produciamo ridendo in modo genuino (come quelle della catena di skype per intenderci). La seconda, essendo meno naturale, chiama in causa la corteccia prefrontale mediale anteriore, coinvolta nel processo di mentalizzazione, cioè quando cerchiamo di capire cosa pensa l’altra persona e per quale motivo sta ridendo.

  

Appresa da un antenato in comune con le scimmie oltre dieci milioni di anni fa, la risata è rimasta impressa nelle nostre reti neurali, evolvendosi e diventando – così la definiva il comico Victor Borge – “la distanza più breve tra due persone”. Il solo fatto che, a oltre sessant’anni dalla sua invenzione, la laught track (le risate preregistrate) continui a essere utilizzata nelle serie tv più famose, è una conferma di come ridere agisca da potente collante sociale.

  

Quando ridiamo comunichiamo all’altro il piacere di stare insieme, e questo è possibile anche in un laboratorio. Basta trovare il video giusto.

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