Il principe azzurro su Tinder ha la Porsche, lo dice la scienza

Giulia Pompili
Come si fa a rimorchiare sull'app dell'amore? Due anni di esperimenti e calcoli sui Big Data ci insegnano qualcosa che forse sapevamo già.

"Di cosa parli con una ventitreenne? di Taylor Swift? L'hai conosciuta su Tinder?"
"Effettivamente sì"
"E come hai fatto? Voglio dire, com'è che poi scelgono una faccia come la tua".
"Ci metti la foto della Porsche. Non puoi essere fine su Tinder".
Nell'undicesimo episodio di "Billions", strepitosa serie tv sul rapporto sadomasochistico tra un procuratore e un miliardario manager di un fondo speculativo, rispettivamente interpretati da Paul Giamatti e Damian Lewis, si parla di Tinder. L'app per gli incontri ci finisce così, per caso, in una conversazione fatta in un locale (non un locale qualsiasi, ma vabbè). Il punto è che la banalità del brevissimo dialogo – come fai a rimorchiarle? basta la foto di una Porsche – riassume, in realtà, tutto ciò che si può dire su Tinder.

 

Fondata nel 2012, l'app di Jonathan Badeen e Sean Rad due anni dopo è diventata un disruptor, con "un miliardo di swipe a destra e sinistra" (la parola swipe è un intraducibile scorrere sullo smartphone, e scorrere a destra significa che ti piace, verso sinistra significa che non ti piace). Un miliardo al giorno, s'intende. Del resto, ci vuole meno di un minuto per iscriversi (tramite Facebook), comunicare le proprie preferenze sessuali e iniziare a scandagliare i profili che un algoritmo trova per noi principalmente sulla base della vicinanza fisica. Sei un uomo a cui piacciono le donne e abita a Roma? Ecco qui tutte le foto delle donne a cui piacciono gli uomini e che in questo momento si trovano a Roma. I profili si sfogliano come una rivista dal parrucchiere. Quando due si piacciono, si può iniziare a chattare. In un articolo sul New York Times del 2014, Nick Bilton spiegava che Tinder, rispetto alle precedenti app per trovare l'amore, funziona meglio perché basa il primo approccio proprio sull'aspetto fisico. Sulla Porsche, insomma. E sai che novità.

 

A due anni di distanza, come in tutte le cose, pure la passione per Tinder sta diminuendo. E sono già stati scritti drammatizzanti editoriali sul fatto che Pokemon Go, a poche settimane dall'uscita, ha superato gli utenti dell'applicazione per l'amore, e che andando avanti così si rischia l'ecatombe demografica. Questi due anni, però, sono stati pur utili ad analizzare un po' di dati raccolti da veri scienziati. Per esempio: l'app che avrebbe dovuto lasciarci sfondare quel muro di timidezza che caratterizza i rapporti moderni, in realtà crea altre psicosi. Lo scrive Jeff Guo sul Washington Post, e spiega che la nuova ansia è scaturita dal piacersi reciprocamente (ops, virtualmente) ma poi… boh, niente. Non succede proprio un bel niente. La Sapienza di Roma, il Queen Mary University di Londra e la Royal Ottawa Health Care Group si sono messi insieme per fare un esperimento con un campione di profili finti ed eterosessuali, e hanno scoperto che in effetti gli uomini tendono a mettere cuoricini un po' ovunque, per la paura di non piacere a nessuno, e le donne invece sono più selettive. Poi gli scienziati hanno scoperto che gli uomini, pure quando c'è il "match" (cioè una preferenza ricambiata) hanno difficoltà a iniziare una conversazione. Quando la iniziano, quasi la metà delle volte non ricevono alcuna risposta dalle donne. Invece gli  uomini rispondono quasi sempre. Figuriamoci.

 

In pratica le app per l'amore 2.0 non hanno cambiato nulla nelle dinamiche di coppia e di accoppiamento. Uomini o donne, siamo tutti sfigati uguale. Forse secoli di letteratura hanno spiegato molto meglio ciò che gli scienziati hanno iniziato a scoprire soltanto adesso con i Big Data di Tinder. Il fatto è che il principe azzurro su Tinder dovrebbe avere come minimo la faccia di una Porsche, perché le foto dei cavalli proprio non tirano.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.