Proteste contro gli Ogm (foto LaPresse)

Battisti e contrabbandieri. Ovvero sui danni delle buone intenzioni verdi

Luciano Capone

Negli ultimi tempi emergono continuamente richieste di vietare prodotti, proibire sostanze, bandire alimenti e limitare tecnologie sulla base di motivazioni ambientali o sociali. Paradossalmente queste regole producono effetti opposti a quelli dichiarati.

Roma. Si dice che la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni e spesso anche le regolamentazioni pubbliche hanno stessa pavimentazione e destinazione. Negli ultimi tempi emergono continuamente da parte della “società civile” richieste di vietare prodotti, proibire sostanze, bandire alimenti e limitare tecnologie sulla base di motivazioni ambientali o sociali. Paradossalmente queste regole producono effetti opposti a quelli dichiarati e sono il frutto della pressione di gruppi economici e sociali che perseguono interessi opposti. Questo meccanismo di produzione normativa è stato descritto da un economista americano, Bruce Yandle, partendo dalla norma che in alcuni stati americani obbliga i pub e i locali che servono alcolici a stare chiusi la domenica. Yandle, che è stato direttore esecutivo della Federal trade commission, e quindi ha conosciuto da vicino la materia, ha notato come questo divieto fosse il prodotto di due spinte convergenti di gruppi in teoria contrapposti: da un lato i predicatori battisti, contrari per motivi etici e religiosi al consumo d’alcol la domenica, e dall’altro i contrabbandieri di alcolici che, grazie al divieto, avrebbero aumentato vendite e profitti. Nasce così nel 1983, con un articolo che diventerà un classico, la teoria dei “Battisti e contrabbandieri”, di cui vediamo applicazione quotidianamente soprattutto dietro spinte ambientaliste e salutiste (a differenza del passato, quando erano protezioniste e religiose).

 

Prendiamo gli Organismi geneticamente modificati (Ogm), il prodotto di una tecnologia che permette di rendere le piante più produttive o di usare meno pesticidi ed erbicidi. Inizialmente, quando tecnologia e ricerca erano più libere, c’era un grande fermento e si lavorava a tanti possibili progetti e innovazioni. Nel corso degli anni, l’opposizione ideologica e ingiustificata dei gruppi ambientalisti ha spinto la politica a produrre una serie di norme che hanno proibito la ricerca pubblica e reso la brevettazione di un Ogm più costosa di quella di un farmaco. Qual è stato il risultato? Con il pubblico fuori campo e le piccole aziende fuori mercato, gli attivisti green non hanno fatto altro che incentivare un oligopolio dominato da quelle poche multinazionali che a parole combattono e descrivono come il demonio in terra. Lo stesso accade con il glifosato, l’erbicida più diffuso al mondo, improvvisamente descritto come cancerogeno. Gli ambientalisti e il governo italiano, che appoggiano in Europa la battaglia per il divieto di uso e commercializzazione, probabilmente non si rendono conto che mettendo fuori mercato una sostanza sicura il cui brevetto è scaduto, favorirebbero le aziende che hanno brevettato nuovi prodotti, naturalmente più costosi.

 

E’ dello stesso tenore la campagna salutista e ambientalista contro l’olio di palma, un grasso vegetale molto utilizzato dall’industria alimentare. Il divieto di utilizzo rivendicato a gran voce avvantaggerebbe i produttori di oli concorrenti senza alcun beneficio per la salute (anzi, le margarine sono più dannose) e per l’ambiente (la palma è molto più produttiva e consuma meno terra). E le sigarette elettroniche, un’alternativa alle sigarette molto meno dannosa la cui ipertassazione e iper regolamentazione non dispiace a Big tobacco? In nessuno di questi casi e a nessun prezzo le multinazionali biotech, chimiche, alimentari o del tabacco sarebbero riuscite a ottenere regolamentazioni che le avrebbero favorite in questa misura senza il determinante aiuto dei battisti ambientalisti e salutisti. Ed è paradossale che questi attivisti, che in genere scorgono dietro ogni evento la longa manus di una qualche perfida multinazionale, non si rendano conto che molto spesso sono le loro mani e il loro sbracciarsi ad avvantaggiare quelle stesse perfide multinazionali.

 

La mentalità complottista e cospirazionista vede accordi segreti e nascosti dappertutto, ma nella realtà molto spesso accade che coalizioni di interessi diverse e con obiettivi divergenti possano produrre regolamentazioni senza incontrarsi o mettersi d’accordo. Il mondo è pieno di “battisti e contrabbandieri” che si impegnano per affermare i propri valori e perseguire i propri interessi, premendo sulla politica che invece ha l’obiettivo di conquistare fette di consenso. Da questa miscela può venire fuori di tutto, ma generalmente mai niente di buono. La teoria di Yandle non serve a individuare i buoni e i cattivi, ma ci suggersisce di smetterla di giudicare le leggi sulla base delle intenzioni dichiarate e di pensare piuttosto agli effetti che producono.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali