Tasse sulla carne rossa. L'ultima trovata para totalitaria dell'ecologismo

Piero Vietti
C’è del marcio in Danimarca. Ora lo stato ci mette a dieta: non stupisce il fatto che il governo danese stia pensando di alzare le imposte sulle carni rosse, il martellamento scientifico e mediatico sul catastrofismo climatico è da sempre una scusa per aumentarle senza che i cittadini si lamentino.

Qualche anno fa, nel suo “Stiamo freschi”, l’ambientalista scettico Bjørn Lomborg spiegò come il martellamento scientifico e mediatico sul catastrofismo climatico aveva, da parte della politica, un obiettivo principale: avere una scusa per aumentare le tasse senza che i cittadini si lamentassero, anzi, chiedessero loro di pagare più imposte, illusi dalla promessa che quei soldi sarebbero serviti a combattere i cambiamenti climatici.

 

L’ambientalismo è una delle armi più efficaci dello stato etico moderno: in nome della politicamente correttissima difesa dell’ambiente tutto è permesso. Per questo non stupisce il fatto che il governo danese stia pensando di alzare le tasse sulle carni rosse: è ciò che il Consiglio etico del paese ha chiesto all’esecutivo dopo essere giunto alla conclusione che “i cambiamenti climatici sono un problema etico”. Lo scopo è quello di dare un impulso al vegetarianesimo, pratica che avrebbe il merito di far produrre all’uomo meno CO2 di quella che impiega a preparare, cucinare e mangiare bistecche.

 

“Se vogliamo rispettare gli accordi del summit sul clima di Parigi – ha spiegato l’orwelliano Consiglio etico – e fermare l’aumento delle temperature, dobbiamo agire in fretta e sul cibo”. Siamo oltre il paternalismo di stato, con un governo che influenza comportamenti e abitudini di cittadini imponendo menù forzati a colpi di tasse in nome di una battaglia “etica” basata su catastrofismi mediatici e inganni grossolani: pensare di fermare il clima facendo mangiare – solo a chi non si può permettere di spendere di più, tra l’altro – qualche bistecca in meno in Danimarca è folle, oltre che sottilmente totalitario.

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  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.