Quando l'uomo diventa Dio

Redazione
Nuova normalità: un figlio creato artificialmente. Cosa cambia nelle nostre vite con una svolta epocale impressa alla generazione umana. Girotondo di opinioni

Certe trasformazioni dovremmo provare a governarle, piuttosto che assecondarle

di Giovanni Orsina

 

Come sarebbe un mondo nel quale la procreazione fosse resa del tutto artificiale e l’allevamento dei bambini prescindesse del tutto dalla famiglia naturale? Cerchiamo d’essere seri: ma chi ne ha la più pallida idea? Le trasformazioni che stiamo vivendo sono di portata talmente vasta, così rapide e a tal punto prive di precedenti che azzardare previsioni sarebbe più che imprudente – sarebbe un atto imperdonabile di superbia. Ma allora, se non non possiamo prevederne l’effetto, con quali criteri dovremmo affrontare queste trasformazioni? E, in particolare, perché mai dovremmo resistere alla piena artificializzazione della procreazione, se la tecnologia lo rende possibile e gli individui lo desiderano? Il criterio col quale affrontare il mutamento, a mio avviso, dovrebbe essere lo stesso che ci spinge a evitare previsioni, ossia la prudenza. [continua]

 


 

 

E’ falso dire che esiste un diritto a nascere e un diritto a essere genitori

di Serena Sileoni

 

La surrogazione di maternità esaspera la scissione del legame biologico tipico dell’idea consolidata di filiazione, sia perché crea la possibilità di un momento ulteriore di separazione del concepito dalla famiglia di destinazione, che può ormai non avere in ipotesi alcun legame genetico e biologico con essa, sia perché l’esperienza della gestazione è un viaggio qualitativamente diverso dalla donazione del liquido seminale o degli ovuli, le cui ricadute psicologiche sarebbe superficiale mettere da parte. [continua]

 


 

 

I rischi antropologici sono immensi

di Mauro Ronco

 

L’incoercibile “diritto” alla genitorialità porta con sé logicamente ad ammettere il cosiddetto “affitto dell’utero” a fini riproduttivi. La sentenza della Corte costituzionale n. 162/2014 ha imprudentemente sostenuto che l’eterologa non avrebbe alcuna relazione con la pratica dell’affitto dell’utero. E’ vero tutto il contrario. Se i presupposti dell’eterologa sono, per un verso, il “diritto” al figlio e, per altro verso, la sterilità o l’infertilità della coppia, allora sarebbe evidente l’irragionevolezza del divieto dell’affitto dell’utero. Se la donna, infatti, nell’ambito di un rapporto di coppia, non è in grado di gestire la gravidanza, sarebbe impossibile per essa attualizzare il “diritto” al figlio. E se è possibile tecnicamente produrre in provetta embrioni dall’incontro di sperma e ovociti estranei alla coppia e trasferirli successivamente nell’utero della donna incapace della gestione, non si vede per quale motivo, in vista dell’attualizzazione del “diritto” al figlio, non dovrebbe essere giuridicamente ammissibile impiantare l’embrione nell’utero di un’altra donna, affinché quest’ultima gestisca la gravidanza in surroga della donna incapace. Occorre procedere oltre. [continua]

 


 

 

L’utilizzo della tecnica non è solo un problema etico

di Giovanni Maddalena

 

Liberalismo radicale e scientismo sono le due basi di queste vicende di nascita non naturali.
Del primo si è già detto nel corso del dibattito Cirinnà. Il desiderio dell’individuo è ormai diritto, a prescindere da ogni ostacolo di natura e società. Purtroppo, la radice di questo atteggiamento mentale consiste nella vittoria di una concezione di libertà come pura autonomia, come recisione dei legami e della tradizione. E’ una lunga vicenda che ora ci mette di fronte a un piano inclinato. Quando il desiderio è diritto, l’unico criterio di giustizia è una piatta uguaglianza. Difficile dire dove questa china conduca: ogni desiderio deve diventare diritto per tutti e l’unica lotta è l’estensione universale di beni a volte non estendibili. Tanti nuovi movimenti sono già nati sulla duplice scorta di queste idee, ormai saldamente ancorate nell’unica ideologia liberal.  [continua]

 


 

 

Non si può fermare per legge il desiderio di una coppia di diventare famiglia

di Giulia Innocenzi

 

Quelli che in questi giorni si stanno stracciando le vesti per il destino delle povere donne sfruttate dal bieco egoismo dei gay, costrette non si sa come e da chi a offrire il loro ventre per crescere un bambino che verrà loro strappato, stanno sbagliando soluzione. Anzi, propongono il contrario di quello che andrebbe fatto. Se hanno veramente a cuore le donne che si sottopongono alla maternità surrogata, la soluzione è soltanto una: regolamentare. E permettere così anche alle donne italiane di poterlo fare. [continua]

 


 

 

Non possiamo sostituirci al libero arbitrio della donna

di Luigi Manconi

 

Il fantasma dell’utero in affitto sta seminando confusione e panico, e una discutibile volontà di prevaricazione dei propri convincimenti morali su quelli del prossimo. Accade anche oggi, alla notizia di per sé lieta della nascita di un bambino, uno dei tanti: siano essi concepiti naturalmente o da fecondazione assistita, siano essi partoriti dalla madre biologica o da quella supplente di chi non avrebbe potuto dargli la vita. Immaginiamo, quindi, l’esistenza futura di Tobia Antonio e degli altri bambini nati quel giorno, il giorno precedente e quello successivo. [continua]

 


 

 

Dov’è l’autorità morale della chiesa?

di Ettore Gotti Tedeschi

 

Generazione artificiale del figlio e uomo che diventa Dio? Ma fateci il piacere!
Più che Dio, l’uomo rischia di  diventare  un “demonietto”, piccolo piccolo, destinato ad aumentare il riscaldamento globale. Quello che preoccupa molti è però anche  il  diplomatico atteggiamento  di chi (nella chiesa) dovrebbe avere la responsabilità di prendere una posizione forte, da vera e grande autorità morale, nei confronti del mondo intero. Invece  il diplomatico, preoccupato e  distaccato  semi-silenzio semi-protesta, ci ricorda il  baratto della Verità per trenta denari.  La svolta culturale che  ha portato a considerare normale il figlio non più generato naturalmente in realtà non è una svolta, è un processo che ha un responsabile di cui non parliamo più: si chiama gnosi. [continua]

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