Non si può fermare per legge il desiderio di una coppia di diventare famiglia

Giulia Innocenzi
Nuova normalità: un figlio creato artificialmente. Cosa cambia nelle nostre vite con una svolta epocale impressa alla generazione umana. Girotondo di opinioni

Quelli che in questi giorni si stanno stracciando le vesti per il destino delle povere donne sfruttate dal bieco egoismo dei gay, costrette non si sa come e da chi a offrire il loro ventre per crescere un bambino che verrà loro strappato, stanno sbagliando soluzione. Anzi, propongono il contrario di quello che andrebbe fatto. Se hanno veramente a cuore le donne che si sottopongono alla maternità surrogata, la soluzione è soltanto una: regolamentare. E permettere così anche alle donne italiane di poterlo fare.

 

Non si può fermare il desiderio di una coppia di diventare famiglia per legge o per mancanza della stessa, tanto più se basta valicare il confine per farlo. Sono due le conseguenze di questo ostruzionismo reazionario. La prima è che a potersi avvalere della maternità surrogata sono solo i ricchi. La seconda è che le donne che affrontano la gravidanza surrogata sono meno tutelate. Per essere sicuri che le donne abbiano compiuto la propria scelta in libertà e autonomia, e non magari perché bisognose di soldi, bisogna confidare nella bontà delle agenzie americane. Non sarebbe meglio che la pratica fosse sotto l’egida dello stato italiano, con le sue leggi e i suoi controlli? Diverse donne, vedi Boldrini, puntano il dito contro la mercificazione della donna. Vogliamo evitarlo? Allora regolamentiamo la maternità surrogata sul modello inglese, che non prevede compensi. Ma vi prego, basta considerare la donna come una povera vittima da tutelare. Se mia sorella, una mia cara amica o un mio caro amico, un giorno dovessero avere bisogno della maternità surrogata per avere un figlio, io mi offrirei. Sarebbe un grande gesto d’amore che arricchirebbe le nostre vite e allargherebbe una famiglia che si evolve col tempo. Purtroppo oggi in Italia questo non è possibile, e magari la mia amica o il mio amico dovrebbero rivolgersi a un’agenzia che offrirebbe loro una cambogiana. Lei sì, sfruttata perché disperata.

 

Cari reazionari, vi resta solo una cosa da fare per non permettere ai gay di farsi una famiglia: togliere loro il passaporto. Arrendetevi.

 

Giulia Innocenzi è una giornalista

 

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