Perché la scoperta delle onde gravitazionali può rivoluzionare la scienza

Umberto Minopoli
Un evento epocale che parla italiano. E' l’ultimo grande puzzle della relativitè di Einstein. La sua deduzione era talmente connessa alle conseguenze della teoria della relatività generale da far risultare quest’ultima invalidata, o fortemente compromessa, nel caso che tracce delle onde non fossero state trovate.

Non so se il grande pubblico riuscirà a percepire la portata dell’evento. L’esistenza delle onde gravitazionanali è l’ultimo grande puzzle della relativitè di Einstein. Ma non è, esattamente, un puzzle banale. Come dire: la loro esistenza venne ipotizzata, da Einstein, su una base logica e deduttiva. Non, ovviamente, sperimentale. I mezzi osservativi dell’epoca non lo consentivano. Ma la deduzione era talmente connessa alle conseguenze della teoria della relatività generale da far risultare quest’ultima invalidata, o fortemente compromessa, nel caso che tracce delle onde non fossero state trovate.

 

Per 100 anni la fisica relativistica si è trascinata dietro il dilemma delle onde. La relatività ha avuto e ha, continuamente, controprove della sua validità. Niente del mondo tecnologco di oggi si spiegherebbe, funzionerebbe o esisterebbe se i postulati della relatività non fossero entrati a far parte della nostra esistenza comune e quotidiana. Pensiamo alle telecomunicazioni, ai servizi di localizzazione, all’osservazione astronomica. Eppure la validità della teoria si portava dietro un’ombra: senza la prova delle onde gravitazionali alla relatività mancava una base definitiva di certezza. Per un fatto ovvio e, se volete, banale. La relatività di Einstein rivoluziona il concetto di gravità: sostiene che la gravità non è una forza ( attrattiva) ma una geometria. E’ la tesi che lo spazio e il tempo non sono lo sfondo immobile, statico e assoluto in cui avvengono tutti gli eventi che ci riguardano.

 

No. Lo spazio e il tempo sono come qualcosa di plastico: una tela che si deforma quando passano in essa corpo massivi (stelle, pianeti, oggetti cosmici). E che noi chiamiamo gravità. Ma, per Einstein (e per la logica) questo aveva un’implicazione: se un corpo attraversa e si muove entro qualcosa deve, obbligatoriamente, produrre onde. Cioè: vibrazioni, oscillazioni, rumori, sfregolii, attriti. E’ la logica, se volete, che lo dice e l’esperienza del modo di funzionare della natura. Anche per lo spazio-tempo, dedusse Einstein, doveva essere così. Se esso si deforma al passaggio di un corpo, allora, devono vedersi onde e oscillazioni. Ma, per 100 anni, esse non si sono viste. Perché, per loro natura, queste onde, sostiene la fisica relativistica, sono piccolissime. Al di là di ogni misura umana percepibile.

 

Pensate: lo scontro di due buchi neri (la massa di milioni di stelle delle dimensioni del Sole) dovrebbe produrre oscillazioni della lunghezza del diametro di un… protone. Ovvio che è stato difficile trovarle. Ma, alla fine, ci si è riusciti. E la scoperta parla italiano: uno dei due centri mondiali che si sono dedicati alla misura delle onde, interferometri di tecnologia avveniristica, è nella campagna di Pisa. E i fisici italiani dell’Infn sono nel cervello operativo di una delle più colossali scoperte della fisica. Abbiamo ora percepito le onde. Se impariamo a misurarle e a leggerle, tantissimi dilemmi della cosmologia e della storia dell’Universosaranno svelati. Si apriranno le porte di una nuova fisica. E alla misura delle onde gravitazionali si accompagneranno, è sicuro, nuove tecnologie che schiuderanno le porte alla scienza e alle applicazioni del Terzo Millennio. Ma oggi, che l’Italia ha messo la sua firma su una scoperta eccezionale, è il caso di celebrare una straordinaria eccellenza italiana. Di cui stavamo perdendo la memoria.

 

[**Video_box_2**]La fisica nucleare italiana, da Fermi in poi, è stata la frontiera più avanzata della scienza occidentale. E non solo col contributo di Fermi negli anni Trenta e Quaranta. Chi ricorda che il Cern, oggi il centro della ricerca sulla fisica delle particelle più importante al mondo, è stata una creatura italiana? E che lì la partecipazione italiana dello Infn ha un ruolo di guida? Chi sa che le ricerche più importanti nella fusione nucleare, la frontiera del nucleare futuro, hanno basi solide, oltre che nello Infn, nell’Enea, nelle università e nel mondo dell’industria italiana? Un infantilismo antiscientifico illitterale ci sta portando a dimenticare questa forza italiana, questa straordinaria potenza cerebrale e tecnologica nella più avanzata (e piena di avvenire) frontiera scientifica: la fisica nucleare. I complimenti di Renzi allo Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare ) hanno, mi si consenta, il valore di un atto epocale. E’, oltre che un giusto riconoscimento, un atto di risarcimento. E di scuse della nazione. Che ripara, speriamo, una lunga ingiustizia.

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