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Sul Cancer Plan

L'Ue ha capito che l'educazione alimentare non si fa con le etichette

Giuseppe Maria Marmo

“Dare un giudizio al singolo alimento è estremamente riduttivo. L’obbligatorietà del Nutri Score sarebbe stata fuorviante: al di là delle modalità di attribuzione del colore, una tale semplificazione non è utile al consumatore". Parla il prof. Lorenzo Maria Donini

Nella discussione sul piano di azione contro il cancro che è iniziata il 15 febbraio a Strasburgo ha vinto alla fine la linea italiana: nel rapporto finale non è stato inserito il Nutri Score, cioè il sistema di etichettatura “a semaforo” per i prodotti alimentari, sviluppato in Francia e spinto proprio dai francesi in sede europea, che avrebbe dovuto assegnare un colore agli alimenti, dal verde al rosso, in base al loro contenuto di alcuni nutrienti considerati critici. È saltato così anche il bollino nero sulle etichette del vino per indicarne la pericolosità, di cui tanto si era discusso. Tra le modifiche alla relazione del Cancer Plan c’è la cancellazione dalle etichette dell’alert sulla salute, mentre sulle bevande alcoliche ci sarà l’invito a consumarle in modo responsabile e moderato.

    

“L’obbligatorietà del Nutri Score sarebbe stata forviante”, spiega al Foglio Lorenzo Maria Donini, medico nutrizionista e professore ordinario di Scienza dell’Alimentazione presso l’Università La Sapienza di Roma. "Al di là delle modalità di attribuzione del colore al singolo alimento, una tale semplificazione non è utile al consumatore. Non è l’olio d’oliva che definisce la dieta mediterranea, è l’intero pattern alimentare di cui fa parte anche l’olio d’oliva che è positivo per noi”. Ecco perché, aggiunge Donini: “Dare un giudizio al singolo alimento è estremamente riduttivo e non interpreta correttamente la bontà dell’alimentazione, che dipende poco dai singoli alimenti, ma dalla possibilità di raggiungere un modello alimentare equilibrato”.

  

Il problema è sempre lo stesso: bisognerebbe investire maggiormente nella realizzazione di una educazione alimentare diffusa, ad ampio respiro, che dovrebbe essere perseguita nei diversi contesti in cui le persone stanno: dalla scuola fino alla mensa, attraverso la distribuzione organizzata e i siti ufficiali perché “in questi casi il problema è sempre di tipo educazionale”. Formiamo ogni anno laureati in Dietistica e in Scienza della Nutrizione che potrebbero, insieme agli specialisti in Scienza dell’Alimentazione, fornire un utile e importante supporto all’educazione alimentare della popolazione che dovrebbe essere re-indirizzata verso la dieta mediterranea universalmente riconosciuta come il riferimento per un’alimentazione sana e sostenibile.

  

Allo stesso tempo non bisogna dimenticare che “Noi mangiamo per mille motivi, tra i quali quello della salute. Il valore biologico dell’alimentazione deve essere comunque rapportato agli altri significati che noi le diamo. È evidente che il vino da un punto di vista strettamente nutrizionale non serve, ma è altrettanto vero che da migliaia di anni produciamo vino e alcolici perché ci fa piacere, perché ci dà qualche altra sensazione. Noi a differenza degli altri animali mangiamo per il gusto di mangiare, perché attraverso il cibo conosciamo altre culture, perché abbiamo preso l’abitudine di incontrarci intorno al tavolo per festeggiare qualcosa o per firmare un accordo. E tutto ciò non può essere banalmente eliminato sulla base di una valutazione puramente salutistica”.

 

Insomma, l’uomo non vuole che il cibo sia solo buono da mangiare, ma vuole anche, citando Lévi-Strauss, che sia “buono da pensare” perché il cibo mantiene inalterato il suo valore sacrale e rappresenta perfettamente la cultura del popolo che per la prima volta lo ha pensato e lo produce.

 

Il convivio è la metafora dell’esistenza e come afferma Donini “trasformare l’alimentazione in una pura questione biochimica considerando i consumatori piccoli chimici che vanno a vedere quanto di quella molecola c’è in ogni alimento sembra delirante. Noi mangiamo anche con gli occhi, noi mangiamo con l’udito, noi mangiamo con tutti e cinque i sensi”. E subito viene da pensare a Proust che racconta di come l’odore e il sapore di un biscotto, la madeleine, inzuppato nel tè gli risvegli dei ricordi a lungo dimenticati. Ecco, il cibo ha anche questo potere rigeneratore: ed ecco perché il discorso sull’alimentazione non si può banalizzare a una pura questione di molecole o di alimenti buoni e cattivi.

  

L’alimentazione è qualcosa di molto più grande che investe tutto il nostro essere – dice Donini – . È chiaro che dobbiamo rispettare le regole di una corretta alimentazione, però non dobbiamo neanche negare, banalizzando le scelte alimentari al colore di un bollino, tutti i valori culturali, sociali, sensoriali, psicologici che l’alimentazione ha per noi esseri umani”.

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