(foto Ansa)

il foglio salute

Basta tamponi, ragioniamo su chi si vaccina

Rosaria Iardino

Chi fa il test potrebbe contagiarsi pochi minuti dopo. Un business che non genera salute

L’Italia è il paese in cui ogni famiglia ha una piccola farmacia di scorta in casa nella quale si trova di tutto: non sia mai che arrivino il mal di testa, la bronchite, il raffreddore e chi più ne ha più ne metta. Buttiamo ogni anno quintali di farmaci non appena ci accorgiamo di aver superato la data di scadenza, e subito si ricomprano perché, appunto, non si sa mai. Io non ricordo di aver avuto conversazioni, dal lattaio al vicino di casa, nelle quali le persone chiedessero parerei sulle terapie che il dottore aveva loro prescritto, mi ricordo però le lamentele di chi usciva dallo studio medico senza nessuna prescrizione: “Non mi ha dato niente, non è mica bravo quello là”, ho spesso sentito dire. 

E quindi che cosa è accaduto? Perché oggi – soprattutto oggi – l’opinione del vicino di casa, soprattutto quando non si vuole vaccinare, è diventata più importante, o meglio più credibile, di quella dello specialista? Quasi il 90 per cento degli italiani si è vaccinato, più o meno convintamente, ed è un numero straordinariamente alto che ci sta permettendo di resistere alla quarta ondata, e quel 10 per cento (che poi è inferiore se escludiamo i bimbi), non ha il diritto né il potere di farci precipitare in zona gialla o rossa. Io non credo infatti che ritorneremo in zona rossa per tre semplici motivi: siamo vaccinati e quindi i numeri impietosi di questi giorni non sono minimamente paragonabili a quelli pre-vaccino, economicamente non possiamo permettercelo e anche psicologicamente sarebbe un disastro col risultato che la nostra società reagirebbe, credo, con violenza.
Potremmo prendere come modello quello austriaco? Impedire la vita sociale a chi non si vaccina? Questo non può proprio essere anche perché se ci guardiamo intorno capiamo che il virus circola ancora prepotentemente perché i vaccinati, soprattutto giovani, si sentono protetti e quando si ritrovano non usano le mascherine perché non sono cool, o perché sono fastidiose.  Ci sono molti fattori che fanno circolare il virus e dovremmo conviverci per molti anni, continuando ovviamente a curare chi si ammala come è sempre stato fatto ma continuando a puntare sul vaccino come strumento di difesa. 

Quindi basta con le informazioni che terrorizzano le persone, perché non è etico e perché la reazione non è scontata: lo stato non ha voluto scegliere l’obbligatorietà ma la persuasione e su quella strada bisogna continuare. Sinceramente il business dei tamponi è insopportabile, e credo che quello che viene utilizzato dopo le quarantotto ore sia completamente inutile perché una cosa è farlo in una condizione in cui si è poi messi in isolamento fino all’esito, oppure è inutile perché si può fare il tampone e dopo dieci minuti infettarsi perché si entra in contatto con qualcuno che beve un caffè al bar, oppure pensando di essere negativi infettare inconsapevolmente altri. Quello dei tamponi è un business che arricchisce chi li produce ma non genera salute, andrebbero aboliti e si dovrebbe ragionare solo su chi si vaccina e chi no. I tamponi servono solo agli epidemiologi per comprendere la quantità di virus che circola tra di noi e di conseguenza decidere quale  politica sanitaria attuare.


Presidente Fondazione The Bridge

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