ANSA/NICOLA FOSSELLA

Il Foglio salute

Ripensare la salute partendo dalle scuole

L’importanza della medicina scolastica. Un’indagine della Fondazione The Bridge

Riorganizzazione sembra la parola chiave di tutte le discussioni politiche degli ultimi mesi. Non stupisce, quindi, che durante la pandemia – puntando i riflettori sul territorio e sulla prossimità dei servizi ai cittadini – si sia tornati a discutere in termini più proattivi anche del legame tra sanità, enti locali e scuola. Oggi, gli istituti scolastici non solo sono stati messi a sistema nei piani di monitoraggio per la rilevazione del Covid come sentinelle, ma è stato chiesto loro di avere un ruolo di formatori in ambito di salute pubblica; tra le motivazioni più ovvie vi è sicuramente la loro capillarità e radicazione nella comunità, ma va inoltre considerata la loro esperienza nei programmi di prevenzione ed educazione sanitaria.

 

La pandemia ci ha fatto toccare con mano quanto sia necessario, per la salvaguardia di tutti, fornire di maggiori contenuti il concetto di salute come interesse della collettività, in una dimensione sociale che comporta una responsabilizzazione diffusa e consapevole.

È in questo contesto che si è risvegliato l’interesse per la medicina scolastica, un istituto ancora vigente, seppur in sordina, risalente agli anni ’60 che si è sviluppato diversamente da regione a regione, talvolta addirittura scomparendo del tutto. Il tema torna ad assumere un ruolo centrale anche perché implicitamente richiamato dal Piano nazionale prevenzione 2020-2025 che individua nella scuola “il luogo dove favorire la ‘Promozione della salute’ come proposta educativa continuativa e integrata lungo tutto il percorso scolastico”; uno snodo cruciale all’interno di una più ampia rete integrata di servizi e figure professionali per la tutela e la cura del benessere degli studenti e dei cittadini.

Al fine di sondare quanto questo ruolo sia percepito dalla comunità, Fondazione The Bridge ha promosso l’indagine “La medicina scolastica tra passato e futuro” con il coinvolgimento di circa 600 intervistati tra genitori, docenti e sindaci sul territorio nazionale.

Dall’analisi si evince l’esistenza di un generale e radicato consenso sul fatto che la scuola debba rappresentare un luogo sicuro e sano per tutti gli studenti ed essere, altresì, un soggetto attivo nella promozione del benessere e della prevenzione. Tuttavia questi obiettivi vengono ritenuti troppo teorici e si evidenzia la necessità di vederli calati più concretamente nella realtà; infatti, a fronte del riconoscimento della qualità dei servizi già offerti (sportelli di ascolto, locali adibiti a infermeria, interventi di operatori sociosanitari o di infermieri scolastici) è segnalata la non omogenea diffusione di questi nelle diverse scuole e la mancanza di collegamenti strutturati con i servizi sanitari territoriali come i pediatri e le aziende sanitarie locali.

L’utilità dell’istituzione di reti che comprendano, oltre la scuola, altri soggetti del territorio, come enti locali, volontariato e servizi sanitari è sentita moltissimo proprio per la trasversalità che un tale assetto potrebbe garantire.

 

Formare gli studenti sui temi inerenti alla salute può avere ricadute positive sulla comunità locale, grazie alla trasmissione di conoscenze dall’ambito scolastico a quello familiare e, da quest’ultimo, alla società intera. Il tema dell’educazione sanitaria – assunta dal piano ministeriale come uno degli aspetti dell’educazione civica – si ricollega in gran parte a quello della sensibilizzazione sulla prevenzione; rispetto a questo legame, l’indagine si è concentrata sull’influenza stagionale, una patologia spesso non presa sul serio perché considerata non grave.

Si pensi però che ogni anno, in Italia, sono più di 8 milioni le persone colpite e 460 i decessi correlati (dati Istat). A ciò si aggiungono costi sociali imputabili sia direttamente al Ssn, sia indirettamente a Inps, famiglie e datori di lavoro: si stima che l’influenza sia causa del 10 per cento delle assenze dal lavoro dovuta a malattia, del dipendente o dei figli. L’impatto economico complessivo supera i 3 miliardi di euro. Nonostante ciò, dall’indagine emerge ancora una sostanziale indifferenza nei confronti della circolazione del virus tra bambini e famiglie, e la sottovalutazione del suo impatto sull’economia e la società. È ancora diffusa, poi, una scarsa consapevolezza sulle buone pratiche per prevenire il virus, come, ad esempio, la possibilità di sottoporre i bambini alla vaccinazione antinfluenzale, possibilità raccomandata dal 2020 anche dal ministero della Salute, soprattutto per i più piccoli.

I vaccini sono certamente molto utili, ma risulta urgente ragionare costruttivamente su quali possano essere i modelli di educazione e di medicina scolastica concentrandosi sull’interconnessione tra scuola e altri enti per affrontare al meglio e con innovatività la complessità dei bisogni di salute. Partendo da coloro che, giovani, possono solo insegnarci a migliorare.


Centro studi Fondazione The Bridge

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