(foto Ansa)

Il green pass spiegato filosoficamente a Cacciari e Agamben

Yoram Gutgeld

I due filosofi confondono la libera scelta individuale con decisioni di politica sanitaria. Infatti il certificato verde lascia a ognuno la possibilità di confrontare la sua percezione del rischio con quella dei benefici

I professori Cacciari e Agamben sono impegnati da diversi giorni in una piccola crociata contro il green pass che costituisce a loro avviso una grave limitazione di diritti e di libertà personali. L’ardente battaglia è animata dalla convinzione dei filosofi che questa intrusione nelle nostre vite non è altro che l’ennesima manifestazione di un continuo sgretolamento di diritti e di libertà personali in atto da un ventennio. Ammetto colpevolmente che questa erosione mi sia sfuggita, ma non è questo il luogo per parlarne. Qual è la base di questa contrarietà? L’incertezza, soprattutto sugli effetti di lungo termine dei vaccini. 

 

Siccome non siamo certi che i vaccini non producano effetti avversi nel tempo, non è accettabile obbligare di fatto le persone a vaccinarsi. Dovrebbe rimanere una scelta personale. Con questa argomentazione Cacciari e Agamben confondono a mio avviso una questione di scelte individuali con una questione di scelte di politica sanitaria collettiva. Se il green pass fosse un obbligo vaccinale universale, l’opposizione avrebbe un fondato, seppur non definitivo, motivo. Ma il green pass non è un obbligo vaccinale. Lascia a ogni individuo la possibilità di confrontare la sua percezione del rischio con quella dei benefici, e tenendo conto del proprio stile di vita, decidere come comportarsi.  La sanità pubblica dovrebbe invece pesare i fatti oggettivi noti al momento. 6-8 mesi fa in una situazione di gravissima emergenza si è deciso di approvare l’utilizzo di diversi vaccini con poche informazioni disponibili. Oggi, oltre 4 miliardi di dosi somministrate dopo, sappiamo molto di più. Primo. I vaccini sono sicuri con rari casi di gravi effetti collaterali. Secondo. I vaccini forniscono una fortissima protezione dall’infezione, ma non eliminano del tutto la possibilità di morire.
 

Cacciari cita questo ultimo fatto, come fa la destra, per giustificare la libertà di non vaccinarsi. Ignora che invece è una forte motivazione per il green pass. I dati israeliani ci dicono che rispetto al suo coetaneo vaccinato, un giovane non vaccinato ha cinquanta volte più probabilità di infettare un’ottantenne seduto accanto a lui al ristorante, e malauguratamente di provocarne la morte. Due ore accanto a un fumatore in un ristorante rappresentano un rischio per la salute infinitamente minore rispetto allo stesso tempo trascorso accanto a un non vaccinato. Se nessuno grida allo scandalo per il divieto di fumare in luoghi pubblici, come si fa a sostenere che il green pass sia un intollerabile attacco alle nostre libertà?

Stupisce che due rispettabili filosofi, non so se i più importanti d’Italia come umilmente si autolodano, invochino Stalin, Mussolini, leggi razziali e altre iperbole farneticanti, “il bisogno di instaurare un implacabile terrore sanitario, in cui la vita senza più giustificazioni ideali è minacciata e punita a ogni istante da malattie e morte”. Basterebbe un ripasso di logica e un piccolo approfondimento dei fatti disponibili per sincerarsi che il green non è solo una misura giustificabile, ma è indispensabile per evitare la morte umana, il deserto culturale (vedi Dad) e la devastazione economica.

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