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Un inibitore trovato da Pfizer potrebbe impedire la replicazione del virus

Enrico Bucci

La molecola PF-07321332 incepperebbe la "forbice" di enzimi necessari al Covid-19 per tradurre il suo genoma e diffondersi nell'organismo: la sta sviluppando la stessa azienda del vaccino, alla faccia dei complottismi

Esiste una particolare forma di complottismo antivaccinista che pretende di argomentare nel seguente modo: pur di vendere più vaccini possibili – per i soliti innominabili scopi – non si procede con la ricerca di un farmaco, qualcosa che sia capace di guarirci una volta che il virus ci ha infettato. Stavolta non mi interessa dimostrare l’ovvia fallacia logica insita in questo ragionamento: voglio invece comunicare una buona notizia, ovvero quella dell’inizio della sperimentazione clinica di una molecola nuova di zecca.

Questa molecola in vitro e su animale ha dimostrato ottima attività di inibizione del virus Sars-CoV-2. Questa molecola, proprio a smentire i complottardi di cui sopra, è sviluppata guarda caso da Pfizer, l’azienda che sta già distribuendo uno dei vaccini di maggior successo: a dimostrazione che la necessità di una cura va di pari passo con quella di una profilassi, e che l’una non esclude l’altra, neppure sulla base di pretese ragioni di mercato.

  

La molecola, PF-07321332, è un inibitore della proteasi virale 3CLpro. Questo enzima ha nel virus una funzione indispensabile, che deriva dal modo in cui il genoma virale è tradotto. In particolare, quando il virus ha infettato una cellula, il suo Rna genomico viene tradotto dal macchinario cellulare non direttamente nelle singole componenti del virus stesso, ma in alcuni grandi precursori – delle proteine cioè molto più lunghe dei prodotti finali. Questi precursori devono essere tagliati nei punti giusti per generare i pezzi finali del virus, usando delle apposite “forbici molecolari” fabbricate dal virus. Queste forbici sono enzimi chiamati proteasi, di cui la principale è appunto la 3CLpro. La molecola trovata dalla Pfizer, insieme a molte altre su cui ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando, inceppa la “forbice molecolare” 3CLpro, cosicché il virus non può ottenere le sue componenti a partire dai precursori generati traducendo il suo genoma; la replicazione del virus quindi termina e l’infezione regredisce.

In laboratorio PF-07321332 ha mostrato meraviglie; il difficile, tuttavia, inizia ora – ed esattamente come accaduto per altri composti, come il remdesivir, tutto potrebbe finire nel nulla. Vi sono però alcune novità interessanti: innanzitutto, questa molecola è somministrata per via orale – e se quindi avrà un successo misurabile, sarà un game-changer anche solo per questo. Inoltre, il meccanismo che si intende sfruttare è diverso dalle strade finora battute negli studi clinici, e questo naturalmente è un bene, perché significa tentare qualcosa di davvero nuovo.

 

Infine, va ricordato pure che non si tratta dell’unico tentativo fatto da Pfizer di colpire 3CLpro: un secondo tentativo con un’altra molecola amministrata più tradizionalmente per via endovenosa, PF-07304814, è già in corso ed è in fase clinica 1b su pazienti ospedalizzati. Non ci resta che aspettare, con pazienza, i dati: i primi, quelli preclinici, saranno discussi il 6 aprile prossimo, e permetteranno di farci un’idea più precisa di quanto si è ottenuto finora. Il proteiforme complottismo antivaccinista continuerà di certo in altre forme, ma la sperimentazione sulle proteasi da parte di Pfizer ne smentisce almeno uno dei luoghi comuni.

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