Foto di Kelly Sikkema su Unsplash 

Fate figli, fateli presto

Valeria Savasi

Molte coppie non riescono a concepire. La consapevolezza che manca sull’infertilità

Secondo stime recenti tra l’8 e il 12 per cento delle coppie in età riproduttiva non riesce a concepire una volta deciso di avere un figlio. Se vogliamo dare una definizione all’incapacità a concepire potremmo rifarci alla definizione dell’Organizzazione mondiale per la sanità che definisce l’infertilità come l’incapacità di una coppia ad ottenere una gravidanza dopo 12 mesi di rapporti sessuali liberi. Questa definizione deriva dall’osservazione che il 98 per cento delle coppie che desidera un figlio riesce a concepire entro un anno dall’inizio della ricerca.

   

La specie umana non è particolarmente feconda e ogni mese una coppia fertile ha il 25 per cento di probabilità di concepire. Quindi il tempo di 12 mesi può risultare necessario.  E’ evidente tuttavia che al di là di queste percentuali, che possono risultare asettiche, nella maggior parte dei casi il desiderio di avere un figlio per un essere umano rappresenta qualcosa di irrinunciabile e fondamentale per poter poter completare la propria vita. 

   

E’ evidente che se questo desiderio non si riesce a esaudire ci si possa trovare di fronte a una condizione complessa, spesso difficile da affrontare. E’ infatti una problematica che genera frequentemente stress e disturbi come ansia e depressione nelle coppie che devono affrontarla come ci dimostrano gli   studi presenti in letteratura.  Se l’aspettativa naturale di ciascuno di noi di potersi riprodurre nel momento in cui si preferisce, non viene soddisfatta e bisogna confrontarsi con una realtà inaspettata, in cui ci si trova di fronte la possibilità dell’insuccesso e la paura di non riuscire ad avere bambini, si crea un senso di profonda frustrazione. 

 

Le cause di una prevalenza così alta di infertilità nelle coppie sono molteplici e a volte non così semplici da rilevare. Una causa rilevante è da imputare al fatto che le coppie decidono e iniziano a cercare una gravidanza in un’età che biologicamente potremmo definire “avanzata” per entrambi i sessi. Ma mentre per l’uomo i gameti, che sono gli spermatozoi, vengono prodotti dalle gonadi maschili ogni tre mesi, concedendo all’uomo un apparente vantaggio biologico considerando che può permettersi di avere figli anche in tarda età. Al contrario, per la donna, il patrimonio di ovociti è già determinato fin dalla nascita e può con gli anni solo diminuire. Questo svantaggio biologico è dovuto al fatto che la natura determina che la madre, deputata ad allevare i cuccioli, debba essere giovane. E se questo aspetto può sembrarci ingiusto o socialmente sorpassato, di fatto le leggi della biologia permangono queste, e la fertilità della donna dopo i 35 anni comincia a ridursi.

 

Un’altra causa importante è l’aumento delle problematiche di infertilità negli uomini associate a infezioni a trasmissione sessuale, dilatazione delle vene spermatiche ecc. Purtroppo la maggior parte dei maschi dopo la pubertà non esegue controlli andrologici e per anni non vengono visitati da nessun medico. Anche il condizionamento di fattori inquinanti, sia ambientali che alimentari possono diminuire la qualità dei gameti e favorire problematiche di infertilità.
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità italiano nel 2017 riportano che il 3 per cento dei bambini nati nel nostro paese sono stati concepiti mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) in uno dei 360 centri presenti sul territorio. I trattamenti possono essere di tipo omologo, se vengono utilizzati i gameti (spermatozoi e ovociti) della coppia, oppure di tipo eterologo, se vengono l’utilizzati di gameti di donatori.

 

Le tecniche a loro volta si dividono in procedure in vivo, che sono quelle più semplici di inseminazione intrauterina, ed in vitro, come la FIVET e la ICSI a seconda quindi che la fecondazione avvenga in laboratorio o meno.

 

La consapevolezza sull’infertilità è importante, per questo bisognerebbe iniziare dagli adolescenti con delle campagne di sensibilizzazione mediante l’uso di social network e influencer per aiutare a prevenire alcune condizioni come l’obesità e le malattie sessualmente trasmissibili che si correlano con questa condizione negli anni a seguire. Si tratta infatti di fattori importanti di riduzione della fertilità, sia maschili che femminili, che potrebbero essere evitati con un adeguato stile di vita e con le dovute precauzioni.

 

Si potrebbero introdurre delle visite cadenzate per i giovani maschi in modo da identificare eventuali problematiche precocemente. Crediamo fortemente che una delle possibili soluzioni all’infertilità passi attraverso la consapevolezza dei rischi che si corrono a rimandare troppo una gravidanza, ma riteniamo anche che sia importante aiutare i giovani a ritrovare la fiducia nel sistema e aiutarli ad avere voglia di fare figli da giovani.
 

Valeria Savasi, MD, PhD
Professore associato clinica ostetrica e ginecologica, Università di Milano,

Direttore Unità Dipartimentale di Riproduzione Assistita ASST Fatebenefratelli - Sacco-Melloni, Università di Milano
 

Di più su questi argomenti: