Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

Vaccinare i più fragili, subito

Sabina Mastrangelo

Non si può raggiungere in fretta l’immunità di gregge, meglio puntare ad alte coperture

Pfizer, Moderna e AstraZeneca, Novavax e Janssen: per una volta che le aziende farmaceutiche non sono in competizione tra loro e cercano di dare, ognuna, il proprio contributo alla risoluzione della pandemia, si mettono a confronto, una contro l’altra, rischiando di buttare all’aria lo sforzo che tutto il mondo sta facendo per far tornare un po’ di normalità alle nostre vite. Prima di tutto, facciamo chiarezza sull’obiettivo che l’Italia vuole raggiungere con la vaccinazione. Non è scritto nero su bianco, ma è evidente che, attualmente, nel nostro paese si sta cercando innanzitutto di mettere in sicurezza il personale sanitario e abbassare la mortalità nei gruppi ad alta vulnerabilità, come anziani e malati che hanno patologie che mettono a rischio di un’infezione dall’evoluzione sfavorevole.

      

 

Niente immunità di gregge, dunque, almeno per il momento. Magari tra due mesi lo scenario cambierà, ma a oggi non possiamo arrivare a questo obiettivo, visto che ci sono delle fasce d’età sulle quali i vaccini non sono stati testati, come giovani e adolescenti, che continuano a far circolare il virus. Inoltre, bisogna tener conto che più ci si allontana da categorie come operatori sanitari, anziani e pazienti fragili, e minore potrebbe essere l’adesione alla campagna vaccinale, col rischio di fare un grande sforzo e di non arrivare comunque all’immunità di gregge. Con oltre un milione di persone vaccinate con due dosi, l’Italia è uno dei paesi europei che ha fatto meglio, finora. Raggiungere personale sanitario e anziani ospiti delle RSA, però, è stato un passaggio abbastanza semplice a livello logistico; non sarà altrettanto facile vaccinare gli ultraottantenni e le persone a rischio sul territorio, un’operazione che presuppone prenotazioni, disdette e accessi in strutture deputate.

  

Una fase che sarà attuata in modo diverso da regione e regione, con alcune che hanno attivato le prenotazioni e altre, come Emilia Romagna, Lazio e Liguria, in cui sono state somministrate le prime dosi. Probabilmente, a pesare su queste differenze c’è l’integrazione tra medicina territoriale e ospedaliera, con le regioni che hanno puntato su questo aspetto che dovrebbero essere avvantaggiate e procedere più speditamente. La vaccinazione di anziani e persone fragili, comunque, è una fase da fare bene, che potrebbe consentirci di portare il numero dei morti quasi a zero. Ed è anche una prova di equità sociale, per la quale è necessario creare le condizioni per dare a ognuno la possibilità di vaccinarsi.

 

Una volta stabilito l’obiettivo, si può avviare un piano corretto; piano, però, che in queste circostanze non può che essere dinamico e necessitare di aggiornamenti continui, per esempio ogni due settimane. Il piano attuale, comunque, sembra basarsi solo sui vaccini Pfizer e AstraZeneca, con la suddivisione delle persone da trattare in base all’età e all’assenza di determinate patologie. Ma l’orizzonte sull’efficacia si va pian piano aprendo. Si sa, per esempio, che i vaccini di Pfizer e Moderna potrebbero avere un’efficacia che arriva a oltre il 90 per cento e che è in arrivo il prodotto di Novavax, che viaggerebbe sulle stesse percentuali. Poi abbiamo i vaccini di AstraZeneca e Janssen, anche questo in arrivo, che starebbero intorno al 60-65 per cento di efficacia.

  

Differenze che si riflettono sulla capacità dei vaccini di bloccare solo la malattia o anche l’infezione. Nel primo caso, si evita che l’infezione evolva in una forma di Covid-19 grave e mortale, senza però incidere sulla capacità del virus di replicarsi nell’organismo. Bloccare l’infezione, invece, è tutt’altra cosa: evita che il virus si replichi e quindi si diffonda alla comunità, e su questi aspetti la differenza tra i vaccini di cui disponiamo è enorme. I prodotti di Pfizer e di Moderna sembrano avere un effetto talmente massivo di attivazione degli anticorpi neutralizzanti che, pur non avendo un’evidenza diretta, è ragionevole pensare che potrebbero bloccare anche l’infezione. L’efficacia dei vaccini di AstraZeneca o di Janssen, invece, potrebbe limitarsi solo al blocco della malattia.

  

Tutte ipotesi, dati alla mano, visto che gli endpoint degli studi clinici condotti finora valutavano la capacità dei vaccini nel bloccare la malattia, piuttosto che verificare l’attività sulla replicazione virale. Ecco perché è opportuno, in questa fase, e con i dati che abbiamo attualmente a disposizione, evitare di stare a sottilizzare troppo sull’efficacia. Adesso come adesso, forse, sarebbe bene puntare a coperture alte, perché rischiamo, per inseguire una maggiore efficacia, di ritardare la vaccinazione, perdendo tempo. Senza escludere che magari, tra un po’ di tempo, verificheremo che il vaccino di AstraZeneca, che oggi molti rifiutano perché ritengono meno efficace, avrà una durata d’azione più prolungata e sarà più conveniente sotto un altro punto di vista. I conti, semmai, andranno fatti fra un po’ di mesi.

 

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