Mads Claus Rasmussen/Ritzau Scanpix via AP

cattivi scienziati

Per evitare una “bomba biologica” vanno chiusi gli allevamenti intensivi di visoni

Enrico Bucci

In Danimarca si è aperta una crisi di governo perché sembra che l’ordine esecutivo con cui è stato comandato lo sterminio dei visoni sia illegale. Ma un fatto è certo, e cioè che questi allevamenti sono pericolosi. L'Italia presti attenzione

Ieri i nuovi casi di Covid-19 sono stati 36.176, in aumento rispetto al giorno precedente, quando erano stati 34.282. Le vittime sono state 653 contro le 753 registrate mercoledì. Aumentano i tamponi processati (250.186) mentre i nuovi ricoveri in terapia intensiva sono stati 42. Lo sterminio dei visoni, in Danimarca, è cominciato. Dopo averne uccisi 2,85 milioni, tuttavia, si è aperta una crisi di governo che ha portato alle dimissioni del ministro dell’Agricoltura e a un temporaneo arresto delle uccisioni (che comunque a quanto pare riprenderanno), perché sembra che l’ordine esecutivo sia stato illegale. Inoltre, gli allevatori lamentano di essere stati lasciati soli, non solo nell’esecuzione dell’ordine (controllata dall’esercito), ma anche senza misure di compensazione, almeno senza misure sufficienti. Nel frattempo, si sta pensando a una soluzione simile a quella danese anche in Irlanda, con l’abbattimento anche in quel paese degli animali allevati per la pelliccia.

 

E’ naturalmente una situazione che può suscitare, forse, repulsione: già l’esistenza di questi allevamenti, che costituiscono una fonte di reddito basata sull’uccisione di milioni di animali per scopi non alimentari, muove uno sdegno che non è solo quello degli animalisti più estremisti. Ma anche le immagini che giungono dalla Danimarca – con i camion di visoni abbattuti e le fosse per la loro eliminazione – creano repulsa e rabbia comprensibili. A questo punto, vale la pena ricapitolare un po’ di elementi, per cercare di raggiungere una migliore informazione per una più ampia fetta della popolazione. Innanzitutto, le infezioni negli allevamenti intensivi di visoni erano prevedibili, perché da tempo era stata dimostrata la trasmissibilità dall’uomo a questi carnivori; di fatto, i primi casi di infezione da umano a visone (zoonosi inversa) si sono registrati in Danimarca ad aprile, dalle notizie disponibili sui siti europei di sorveglianza veterinaria.

 

 

Da mesi, inoltre, in quel paese si è osservata l’infezione di addetti agli allevamenti (e di loro contatti stretti) da parte di ceppi di coronavirus che si erano moltiplicati a dismisura fra i visoni, acquisendo mutazioni diverse; alcuni di questi ceppi – il ceppo 5, per la precisione – hanno generato molta preoccupazione, perché portatori di mutazioni che rendono il virus resistente ad alcuni degli anticorpi monoclonali in sviluppo. Per questo, si è arrivati al controverso ordine di sterminio, cui hanno tentato di opporsi sin qui invano sia gruppi di animalisti sia gli allevatori. Dopo l’uccisione di milioni di animali, tuttavia, l’Istituto sierologico di stato danese – cioè l’istituzione scientifica che ha isolato i virus mutanti nei visoni, documentato le infezioni e lanciato l’allarme – ha dichiarato che, dal 15 settembre, non sono documentati più isolamenti del virus mutante di cui si temeva la diffusione, arrivando a sostenere la sua estinzione.

 

Non è chiaro se questo sia il risultato dell’azione di contenimento del governo danese, o se sia invece una semplice e naturale scomparsa di un ceppo, sostituito da altri; quel che è certo, comunque, è la dimostrazione che l’allevamento intensivo di visoni è pericoloso. Questa pratica, ricordiamolo, è diffusa anche in Italia, non a caso uno dei sette paesi in cui l’infezione dei visoni con Sars-CoV-2 è stata documentata; quegli allevamenti, assieme a tutti gli allevamenti di animali da pelliccia di qualunque tipo, vanno chiusi, prima che la prossima “bomba biologica” venga a ricordarci la loro pericolosità.

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