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La medicina cinese inviata in Italia? Chiusa in un armadio

Giulia Pompili

Dalla forsizia all’artemisia, ogni governo ha il suo “rimedio” politico al Covid

Roma. In “Contagion”, il film del 2011 di Steven Soderbergh che è diventato anche il film più visto di questi giorni di quarantena, Jude Law fa video su internet per promuovere la forsizia come trattamento per la pandemia usando il più noto degli argomenti dei complottisti: “I governi ce la nascondono perché vogliono far guadagnare le case farmaceutiche!”. Poi naturalmente si scopre che l’erba medica non serve a niente, che per curare la malattia serve un vaccino, e che in realtà era Jude Law a guadagnare dalla forsizia. La sceneggiatura del film è convincente, se non fosse per un particolare: esistono governi che la forsizia la promuovono come cura per il Covid.

  

La ricerca di una cura per la malattia causata dal nuovo coronavirus non è solo una battaglia sanitaria, ma anche politica e identitaria. Per moltissimi paesi promuovere un trattamento significa comunicare ottimismo, tranquillizzare la popolazione, ma anche dimostrare la superiorità dei propri scienziati, oppure – ancora meglio – della propria tradizione. E’ il caso della Cina, che da mesi ormai invia, assieme ai propri team di medici “specializzati” nell’epidemiologia da coronavirus, anche casse di Tcm, ovvero la traditional chinese medicine. Sono arrivate anche in Italia. Assieme al primo carico di aiuti della Croce rossa cinese inviata alla Croce rossa italiana c’erano anche centomila pasticche di Lianhua qingwen, famosissimo antivirale tradizionale cinese fatto con i frutti della Forsythia suspensa asiatica e altre dodici erbe, che fanno parte delle cinquanta fondamentali erbe della medicina tradizionale cinese. La Cina invia in giro per il mondo la sua Tmc per promuovere la tradizione cinese come parte della Via della Seta sanitaria, ma finora nessun paese occidentale ha mai preso in considerazione di fare test clinici su certe medicine. E infatti, a quanto risulta al Foglio, le scatole di Lianhua qingwen giacciono ancora nei magazzini della Croce rossa, e l’Aifa spiega: tra i test clinici approvati da noi non ci sono medicine tradizionali. Una settimana fa la Guardia di Finanza di Napoli ha sequestrato a cittadino cinese cinquemila confezioni di Lianhua qingwen, che aveva importato illegalmente in Italia e voleva rivendere ai concittadini.

    

Ma non c’è solo la Cina a promuovere i propri frutti miracolosi. In Madagascar, per esempio, il governo sostiene l’assunzione e la distribuzione del Covid-Organics, un tè fatto di artemisia annuale – una pianta erbacea originaria dello Hunan, in Cina, e nota per i suoi presunti benefici contro la malaria. E il presidente malgascio, l’ex dj Andry Rajoelina, ha provato a esportarlo in tutta l’Africa, nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità ne sconsigli l’assunzione per il trattamento del Covid. E pure Cuba – un paese che va molto fiero del suo sistema sanitario – promuove la sua tradizionale omeopatia per combattere il Covid. Il prevengovir non è ben chiaro di cosa sia fatto, ma secondo il capo virologo del ministero della Salute cubano, Francisco Duran, va somministrato a tappeto perché aiuta il sistema immunitario. Il nazionalista Narendra Modi, in India, da anni promuove la medicina tradizionale e lo yoga per i mali del mondo: anche per il Covid ha detto ai suoi cittadini di fare largo uso di tisane ayurvediche per il sistema immunitario. Poi però il sito ufficiale del governo contro le fake news ha dovuto faticare parecchio per far capire che i gargarismi con acqua calda, sale e aceto non rendono immuni. Anche l’Indonesia di Joko Widodo va molto fiera della propria medicina tradizionale, e i produttori di jamu (la cosiddetta fitoterapia, quella fatta di erbe) si sono opposti quando hanno saputo che il governo stava per importare la Tcm cinese per essere distribuita negli ospedali. Ma come, dicono, abbiamo la nostra e importate quella cinese? In tutti questi paesi naturalmente la linea dei governi spesso non coincide con quella degli scienziati, e c’è chi solleva dubbi sulla medicina tradizionale e chiede di rispettare le linee guida internazionali.

 

Ma sul fronte della medicina ufficiale le cose non vanno meglio, tra politica e propaganda. Il presidente americano Donald Trump aveva promesso grandi risultati per l’idrossiclorochina, l’antimalarico usato per l’artrite reumatoide. Anche il secondo test su pazienti Covid ha dato risultati negativi. E la stessa cosa potrebbe succedere all’Avigan, altra medicina forse-miracolosa promossa da Shinzo Abe in Giappone: non solo potrebbe dare pochi risultati sul trattamento della malattia, ma l’Avigan ha anche moltissimi effetti collaterali tra cui disturbi della gravidanza e aborto.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.