(foto LaPresse)

Per non vanificare i sacrifici di tutti abbiamo bisogno di più test e di tracciare i contatti

Riccardo Magi*

Il distanziamento sociale serve a guadagnare tempo per diluire l’impatto sul sistema ospedaliero, ma deve servire anche a mettere a punto una strategia per dare al paese una prospettiva di uscita. Ci scrive il deputato di Più Europa

Al direttore - L’enorme sacrificio di vite umane, quello degli operatori sanitari in prima linea, quello di 60 milioni di italiani chiusi in casa per settimane non può non indurre il governo a fare ricorso a tutte le migliori competenze e risorse esistenti. Per questo è necessario ascoltare quella parte consistente della comunità scientifica italiana, degli Ircss, dei principali istituti di ricerca biomedica, che si è rivolta al presidente del Consiglio e ai presidenti delle regioni con un appello sottoscritto da 300 scienziati e ricercatori.

 

Il documento indica le risorse e le competenze già pronte per un piano nazionale anti contagio basato sul coordinamento di una rete di laboratori a livello nazionale in grado di realizzare test ripetuti sulle categorie a rischio, consentendo “l’identificazione precoce di casi asintomatici e l’immediato isolamento degli stessi e dei contatti diretti”. Gli scienziati infatti mettono in luce che “le attuali strategie di contenimento basate sull’identificazione dei soli soggetti sintomatici non sono sufficienti alla riduzione rapida dell’estensione del contagio” e offrono al governo e al paese una strada da percorrere subito e che stupisce non sia già stata imboccata con decisione, se si considera che la dichiarazione dello stato d’emergenza risale alla fine di gennaio.

 

Il distanziamento sociale messo in atto serve infatti a guadagnare tempo per diluire l’impatto sul sistema ospedaliero, ma deve servire al contempo a mettere a punto una strategia per affrontare l’emergenza e per dare al paese una prospettiva di uscita da essa. Il tempo guadagnato grazie a queste misure drastiche, e allo sforzo comune di tutti i cittadini, deve essere impiegato a rafforzare i reparti di terapia intensiva, a mettere a punto protocolli ancora più stringenti per gli ingressi in ospedale, a reperire le mascherine, ma anche a mobilitare tutte le risorse e le competenze scientifiche per fortuna presenti ai massimi livelli nel nostro paese. Non ha senso che i vertici della Protezione civile e gli esperti tecnici che affiancano il governo riconoscano che “sulle mascherine siamo arrivati tardi” o che non si sono fatti tamponi su più larga scala per la bassa disponibilità di kit, se ora non si coinvolgono tutte le infrastrutture nazionali adeguatamente attrezzate nell’obiettivo di fare test periodici sulle fasce più esposte e ad alto numero di contatti che sono stati e rischiano di essere ancora i vettori principali di diffusione dell’epidemia. Questo scatto potrebbe rendere utili e utilizzabili anche le procedure di tracciabilità a ritroso dei contatti avuti dai cittadini positivi, altrimenti anche questo dibattito sul conflitto tra salute pubblica e privacy avviene a un livello puramente astratto. Solo con questo sforzo sul piano scientifico e organizzativo, il paese potrà dire di avere una strategia in grado di fronteggiare la drammatica situazione e di onorare il sacrificio di molti nostri concittadini. Il ricorso alla retorica bellica non solo appare fuori luogo ma del tutto abusato se a esso non corrisponde un reale ricorso immediato a tutte le energie, le competenze e le risorse del paese. Cosa si aspetta? 

 

*Riccardo Magi è deputato di Più Europa

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