Il coronavirus si è abbattuto sull’Italia e sul suo Sistema sanitario nazionale. L’importanza di questo patogeno ha mostrato da un lato l’eccellenza e i punti di forza della nostra sanità e dall’altro ha evidenziato le sue fragilità, che potrebbero arrivare a un punto di rottura se la necessità di cure ospedaliere (e in particolare di terapia intensiva) dovesse aumentare a causa dell’epidemia. Il tasso di letalità del coronavirus dipenderà molto dalla capacità di risposta sanitaria che il sistema potrà soddisfare e le misure di emergenza contro la diffusione dell’epidemia servono soprattutto a non sovraccaricare gli ospedali che, per forza di cose, hanno posti letto limitati. Come ormai tutti abbiamo imparato, il coronavirus è molto più pericoloso per le persone più anziane. E l’arrivo, inaspettato, di questo virus dovrebbe portarci a riflettere anche sulla fragilità demografica dell’Italia. Secondo le stime dell’Istat la popolazione calerà progressivamente fino ad arrivare a 54 milioni di residenti nel 2065, circa 6,5 milioni di persone in meno rispetto a oggi. E l’età media della popolazione italiana si alzerà – sempre nello stesso periodo – da circa 45 a 50 anni, con una quota degli over 65 che passerà dal 22,3 per cento del 2017 al 33,3 per cento del 2065 (+50 per cento). L’indice di dipendenza degli anziani, cioè la quota di over 65 in rapporto alla popolazione attiva di età 15-64 anni, passerà dal 36 al 61 per cento.
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