Così il complottismo no vax diventa uno spettacolo teatrale

David Allegranti

Tra teorie strampalate e battute da cinepanettone il racconto di una serata al teatro Puccini di Firenze dove è in scena “Il decreto”

Firenze. Agnese Renzi, moglie del segretario del Pd, “assomiglia a Vladimir Luxuria”, Beatrice Lorenzin “non è bella manco da sposa”. E giù matte risate, tra battutacce in stile film dei fratelli Vanzina e quelli dell’ultimo banco in terza media. Il teatro Puccini è pieno di seguaci del “movimento per la libertà vaccinale”, sul palco c’è David Gramiccioli che recita il suo monologo “Il decreto”, con riferimento al decreto Lorenzin, due ore di teorie complottiste in cui si saltabecca dal referendum costituzionale (sic!) alla difesa dei medici radiati dall’ordine dei medici, come Roberto Gava, paladino dei no vax, “uno dei più grandi medici che abbia conosciuto”, dice Gramiccioli. E Gava è stato radiato perché si sa - dice il comiziante, già candidato in una lista a sostegno di Gianni Alemanno a Roma - “il potere censura quello che teme”. 

 

Il cronista viene attenzionato dalle vedette no-vax appena estrae, nel buio della sala, un registratore (vietatissimo). “Non si può registrare”, dicono in tre, senza spiegare perché. “Non si può registrare. E’ ancora acceso, spegnilo”, lo ripetono almeno tre volte. L’insistenza sortisce un effetto, anche se non è quello desiderato dagli agguerriti no-vax: il registratore rimane acceso per tutto lo spettacolo, a disposizione dei posteri e del 118. 

 

Uno spettacolo contro il decreto Lorenzin, “la più grossa azione corruttiva della storia”: c’è un mega complotto ai danni della salute delle persone e del loro portafogli. Il decreto serve solo a far arricchire “big pharma” e i responsabili sono molti. La ministra Beatrice Lorenzin, ma soprattutto Matteo Renzi, che “è ossessionato dai vaccini”, e poi il presidente dell’Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi. Tutti complici per far far soldi a chi produce i farmaci per l’immunizzazione.

 

Gramiccioli, compiaciuto (“Si parla solo di vaccini in Italia. Ma siete grandi o no? Ma ve lo faccio io un applauso!”) affastella nomi, circostanze, cose che non c’entrano nulla l’una con l’altra. Il decreto Lorenzin passa al Senato grazie anche al lavoro parlamentare di Luigi Zanda, capogruppo del Pd? Ma certo, che discorsi: Luigi è figlio di Efisio Zanda Loy, già capo della polizia di stato negli anni del terrorismo, dimissionario senza dare spiegazioni (mistero! Complotto!). E che cosa c’entra questo con i vaccini e con il decreto? Nulla, l’importante è buttare un po’ di fango anche se gli accostamenti sono così assurdi che non si capisce neanche in che cosa consista il fango e a cosa serva.

 

L’importante è solo buttarla in vacca con battute sui cognomi, come quello di Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, sulla cui origine Gramiccioli si esercita prendendo spunto dalla scuola del Bagaglino: “Scaccabarozzi vuol dire scarica barocci. I barocci erano i carretti dove venivano scaricati i morti di manzoniana memoria”. Insomma, “è come se si chiamasse Massimo Becchino. Massimo Onoranze Funebri”. Ah, ah. Matte risate.

 

Ma niente sfugge al “teatro d’inchiesta”, niente sfugge all’occhio clinico di Gramiccioli, che scova magagne come pochi altri: “Nel 2015 succede in Toscana un fatto abbastanza strano, che passa quasi sottotraccia, in sott’ordine: la Glaxo acquista la sezione di Novartis dei vaccini, un’operazione da 7,1 miliardi di euro. Una piccola o media manovra finanziaria. Alla Glaxo serviva un paese. E quel paese che già si era investito di ruolo di capofila doveva diventare il paese dove si poteva produrre, commercializzare, dove nessuno ti rompe i coglioni in buona sostanza”.

 

Per questo è opportuno tenere d’occhio gli incontri che Matteo Renzi ha fatto quando era presidente del Consiglio. Come quello nel 2016 con i vertici di IBM a Boston, dove ha svenduto - dice Gramiccioli - i nostri dati sanitari agli americani. Tutto si tiene d’altronde: chi è stato presidente di Ibm? “John Watson, l’uomo che aiutò Adolf Hitler a compiere la soluzione finale… Non c’entra niente con i vaccini? Beh, è agghiacciante. Analogie agghiaccianti”. C’è n’è per tutti, anche per chi strumentalizza Bebe Vio, “la mia campionessa preferita. Non dovrebbero usarla strumentalmente per farla diventare testimonial della più grande vaccinazione di massa. Quello è un atto scorretto e infame”. O per chi ha sospeso dall’asilo i bambini non vaccinati: “Alcune mamme toscane hanno regalato i loro grembiuli ai bambini esclusi dagli asili e dalle scuole materne. Vado a memoria. C’è stata una sola legge che ha escludo dalla vita  sociale gli italiani: quella del 1938”. E insomma: libertà, libertà libertà, di non vaccinarsi, invoca Gramiccioli. Perché “la scienza deve essere discussa dagli scienziati, quando finisce nelle mani della politica diventa tutta un’altra cosa. La scienza vive dei suoi confronti non dei suoi scontri, la scienza vive di luce non di censura. Dai suoi errori la scienza recupera le strade per migliorarsi. Questa è la scienza che noi amiamo. Un paese che arriva a radiare un medico perché solleva dubbi sulle possibili reazioni avverse ai vaccini è un paese che non ha più futuro ma che noi dobbiamo cambiare a tutti i costi”. Soprattutto, questo, pare un paese che regala un palcoscenico proprio a tutti.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.