Il dottore (1891), di Samuel Luke Fildes

I medici possono prendere decisioni migliori grazie a un database mondiale?

Paolo Colli

Dove la digitalizzazione della Pubblica amministrazione può incidere. Un software per istruire i medici ed evitare eccessi di diagnosi e terapie

Roma. Chiunque abbia avuto che fare col Servizio Sanitario Nazionale avrà sentito parlare della medicina difensiva, insieme di pratiche compiute dai medici con l’intento di difendersi da eventuali azioni di responsabilità da parte dei pazienti. Si tratta, quindi, di servizi diagnostici o terapeutici non strettamente necessari, ma prescritti con l’obiettivo di diminuire la possibilità di “passare guai” in caso di contenzioso. Secondo il Ministero della Salute (commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari, 2015), il costo degli eccessi di medicina difensiva ammonta a 10 miliardi di Euro all’anno. Circa l’8,5% della spesa sanitaria nazionale.

    
La recente “Legge Gelli”, sulla responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie, pone le basi per una significativa riduzione di questi eccessi di medicina difensiva e introduce nuove forme di tutela per il medico, soprattutto relativamente al rischio di contenzioso penale.

  
Cosa cambia? Se dimostra di aver rispettato linee guida e buone pratiche riconosciute dalla comunità scientifica, il medico che abbia arrecato danno a un paziente non può essere perseguito penalmente. Posto di fronte a un caso clinico “insidioso”, il medico ospedaliero deve dunque dimostrare di aver consultato tutte le linee guida e le buone pratiche. Queste ultime devono essere riconosciute ufficialmente, essendo inserite in un elenco regolamentato con decreto del Ministro della Salute e pubblicate sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità.

  
Ed è qui che nascono i problemi: un caso “insidioso” è inevitabilmente collegato a patologie complesse e a una letteratura scientifica di buone pratiche estremamente corposa (centinaia di pagine). Il medico coscienzioso dovrebbe darne scrupolosa lettura e lasciare traccia a beneficio dell’eventuale magistrato, magari facendo “copia e incolla” sulla sua cartella clinica informatizzata.

  
La soluzione a questo farraginoso processo esiste e può essere l’adozione obbligatoria – così come accade in diversi paesi europei ed extra-europei – di supporti informatici, chiamati “Clinical Decision Support System”: si tratta di software che rendono possibile l’accesso guidato a una base di conoscenza internazionale, attraverso cui il medico può confrontare il suo caso con tutte le evidenze condivise dalla comunità scientifica (best practices, allarmi sull’interazione tra farmaci, etc.). In pochi secondi otterrà una sintesi esaustiva, sarà in grado di assumere la decisione clinica e, in qualsiasi momento, potrà dimostrare di essersi attenuto ai suggerimenti ricevuti.

  
Questi software scontano in Italia una difficoltà di adozione massiva a causa del loro prezzo elevato. Una gara a livello nazionale, di concerto fra ministero della Salute e Regioni, potrebbe consentire di ridurre il prezzo fino ai livelli che si registrano nel resto del mondo. Secondo l’Osservatorio Netics, una gara per l’acquisizione in abbonamento di “Clinical Decision Support System” per tutti gli ospedali pubblici italiani (circa 500) potrebbe essere aggiudicata ad un prezzo di 18-20 milioni di euro annuali, escluso il costo dell’integrazione coi software di cartella clinica elettronica. Nei Paesi dove sono stati adottate soluzioni di questo tipo, è stato possibile ridurre del 25% circa gli eccessi di medicina difensiva. Riportati alla realtà italiana, sono 2,5 miliardi di euro risparmiabili ogni anno.

      
Questo tipo di considerazioni conducono, una volta di più, all’urgenza di un confronto accurato sul tema dell’innovazione della filiera della salute: uno snodo cruciale ai fini della sostenibilità economica del SSN, delle tutele per il cittadino, della digitalizzazione dei processi, della competitività per le imprese. S@lute – il Forum dell’Innovazione per la Salute, in programma domani e dopo a Roma – intende dare un contributo decisivo a questo confronto, per condividere proposte, idee e percorsi di miglioramento del patrimonio comune che è la nostra salute.  

     

*Paolo Colli Franzone è Advisor ICT di S@lute e Presidente Osservatorio Netics

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