Ospedali Civili di Brescia, dove Sofia Zago è morta

Tutto quello che sappiamo sul caso della bambina morta di malaria

Valerio Valentini

Le possibili cause del contagio, la ricostruzione dei vari ricoveri, la vicinanza con le coetanee di ritorno dal Burkina Faso, l'inchiesta della procura di Trento. La vicenda di Sofia Zago, spiegata bene

Sofia Zago, una bambina di 4 anni che viveva a Trento, è morta di malaria nella notte tra domenica e lunedì nel reparto malattie tropicali degli Ospedali Civili di Brescia, dove era stata trasferita d'urgenza, in elicottero, poche ore prima.

 

Come si trasmette la malaria. La causa della morte della bambina è la malaria. Ancora non è chiaro, però, come abbia potuto contrarla. La malaria non si trasferisce per via diretta da uomo a uomo. Perché il contagio avvenga, è necessario che una razza specifica di zanzara - la zanzara anofele - funga da "vettore", ovvero punga un umano infetto e trasferisca poi il virus ad un altro individuo. In Italia questo tipo di insetto è praticamente assente, o comunque presente solo in pochissimi esemplari (un numero così esiguo da non costituire una minaccia per la saluta della popolazione). La malaria si contrae dunque solo nei luoghi in cui è presente la zanzara anofele: si tratta soprattutto dei paesi dell'Africa sub-sahariana, oltreché nel Centro e Sud America e nel Sud-Est Asiatico.

 

I vari ricoveri di Sofia Zago. Sofia Zago, però, non è mai stata in nessuno di questi paesi. Insieme ai suoi genitori (Marco e Francesca, di Trento pure loro) aveva trascorso alcuni giorni a Portogruaro, sul litorale veneto, durante le vacanze estive. Proprio lì, il 13 agosto scorso, era stata ricoverata in ospedale per problemi legati ad un principio di diabete, di cui si è scoperto che la bambina soffriva. Tre giorno dopo era stata trasferita a Trento, all'ospedale cittadino Santa Chiara, dove aveva ricevuto un trattamento specifico per quel tipo di malattia. In seguito al miglioramento delle sue condizioni, era stata dimessa il 21 di agosto. A raccontare nel dettaglio i suoi vari ricoveri è stato Paolo Bordon, direttore generale dell'Apss (Azienda provinciale dei servizi sanitari) del Trentino. Bordon ha poi aggiunto che la bambina è stata portata "nuovamente al nostro pronto soccorso il 31 agosto, con febbre alta e sintomi che prima non aveva. Le è stata diagnosticata una faringite: per una bambina che non ha fatto viaggi all’estero, non si poteva immaginare la malaria. E' stata prescritta una terapia antibiotica e la piccola è tornata a casa”. Poi, dopo alcune ore, il nuovo ricovero. “La famiglia - ha raccontato Bordon - l’ha riportata da noi in gravissime condizioni sabato 2 settembre e a quel punto si è sospettata una epilessia, ma dopo i primi accertamenti come Tac e risonanza, e i risultati negativi, quell'ipotesi è stata esclusa. A quel punto è stato effettuato un ulteriore emocromo e grazie ad alcuni alert e alla competenza dei tecnici biologici si è cominciato a sospettare la malaria e a indagare su questo fronte. Poi purtroppo è stato riscontrato il parassita Plasmodium falciparum, il più aggressivo, ed è stata fatta la diagnosi e un primo trattamento". A quel punto, il trasferimento d'urgenza all'ospedale di Brescia, dove la bambina è arrivata in condizioni critiche, per entrare subito dopo in coma. Non è stato possibile salvarla.

 

La presenza di due bambine infette nello stesso reparto. Dopo alcune ore dall'uscita della notizia della morte di Sofia Zago, è stato reso noto che durante il suo secondo ricovero a Trento, nello stesso reparto di pediatria del Santa Chiara erano presenti, "in un'altra stanza, due bambini con la malaria, che sono guariti". Si tratta in realtà di due bambine, di 4 e 11 anni, di rientro da un viaggio nel Burkina Faso, dove erano andate insieme ai genitori e a un terzo fratello. Anche la mamma e il terzo fratello, maggiorenne, presentavano sintomi analoghi a quelli della malaria, ed erano stati ricoverati in un altro reparto del Santa Chiara. "A colpirli è stato lo stesso parassita che ha causato la morte di Sofia", hanno spiegato dall'ospedale trentino.

 

Le ipotesi sulle cause del contagio. Col passare delle ore, si è accreditata l'ipotesi che il contagio di Sofia Zago vada ricondotto in qualche modo alla sua vicinanza con le altre due bimbe infette. Non sono ancora chiare, però, le esatte dinamiche della trasmissione del virus. C'è chi ha ipotizzato che in una delle borse portate dalla famiglia di rientro dal Burkina Faso potesse esser entrata una zanzara anofele, trasportata così in Italia. Proprio a quest'insetto andrebbe attribuito, dunque, il contagio di Sofia Zago. Altri hanno supposto un qualche errore in una trasfusione effettuata dagli operatori dell'ospedale. Ma Bordon ha confutato questa ricostruzione: "Resta il fatto - ha affermato il dg - che la piccola poi morta e i due malati di malaria erano in stanze diverse, le cure sono state effettuate tutte con materiale monouso e non ci sono state trasfusioni". In rete si è parlato anche, senza però specificare alcune fonte esatta, della possibilità di una contaminazione di aghi o siringhe.

 

L'inchiesta della procura di Trento. Le cause insomma restano ancora incerte. Anche per questo, la procura di Trento ha deciso di aprire un'inchiesta, ipotizzando il reato di omicidio colposo a carico di ignoti. Si tratta di un atto dovuto, finalizzato a ricostruire la vicenda e a verificare la presenza di eventuali responsabilità penali. Le indagini sono state affidate al Nas, il Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri, da cui il procuratore capo di Trento, Marco Gallina, ha già ricevuto gran parte della documentazione acquisita. Altri documenti sono attesi dalla Procura di Brescia, che ha aperto un secondo fascicolo, e dall'ospedale di Portogruaro.

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