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Roma Capoccia
Manuale sentimentale del car sex capitolino: il lato B di Roma
Lo chiamano dogging, ma non ha nulla a che vedere con i migliori amici dell’uomo. Dal Raccordo a Caracalla, fino agli interstizi della Tiburtina o della Casilina: sotto lampioni rotti e sfarfallanti a volte, si trova quel che si cerca, in altre solamente cocenti delusioni
Le prime ombre della sera coprono il profilo intorpidito della Cristoforo Colombo, ovattata nei suoni dagli alberi e dalle frasche che se ne sventolano ai primi venti. A guardarlo il complesso, così grigio, tufaceo, spoglio e architettonicamente irrazionale mette solo gran tristezza. Di giorno, mercato, inerpicato su una sorta di obliqua pendice cinta da erbaccia incanutita e arsa dal sole, e a raggiera tutto attorno palazzoni: ci sono ancora bancali, buste, qualche pomodoro spatasciato, stampelle, retaggi dell’attività diurna che ora, allo scendere della tenebra, si appresta a lasciare campo ad un altro genere di mondanità. A volte, per vero, c’è solo silenzio, sorta di furtiva Fortezza Bastiani della disillusione, dove soldati sparuti del libertinaggio open air si sono convogliati a bordo dei veicoli, dopo aver letto recensioni, guide e commenti sui siti internet specializzati. Altre volte, si trova quel che si cerca. Coppie, singoli, di ogni orientamento e persuasione, altro che il Pride e Zan e le rivendicazioni, qui si fa politica tra ammiccamenti coi fari, rituali semi-codificati, istinti primordiali.
Car sex, lo chiamano, o dogging che fa pure categoria porno autonoma e che non ha nulla a che vedere con i migliori amici dell’uomo. Ci sono mappe, online. Geolocalizzazioni. A volte, cocenti delusioni. Ne leggi, e ti immedesimi in questi individui e in queste coppie che sciamano lungo il Raccordo, nel cuore dell’Eur dalle parti dell’Archivio di stato o del Fungo, o a Caracalla, o in alcune uscite del raccordo stesso, oppure negli interstizi della Tiburtina o della Casilina, o ancora più fuori, verso Ponte di Nona o Anagnina, dove l’espressione “parcheggio di scambio” acquista tutto un altro senso, tutto un altro gusto: di tanto in tanto trovano quel che cercano, una immedesimazione stradale in club privè open air, altre volte li leggi delusi, disperati, si sono agghindati, hanno magari messo a letto la prole e si sono incamminati a bordo delle auto, in arrivo spesso da fuori Roma, per poi non trovare nulla, nessuno. Forse, guardoni. Osservano dalle auto. Ad alcuni viene chiesto di partecipare, di accomiatarsi dal posto di guida e di salire a bordo. Sotto lampioni rotti e sfarfallanti, disfunzioni amministrative che si fanno gradevoli complici nel chiaroscuro arancio-libertino, vanno in onda filmati porno da realismo pasoliniano. A volte, e nemmeno poche, c’è gente che ha davvero solo parcheggiato.
Chi torna a prendere l’auto dopo una giornata di lavoro, più o meno duro, ma non è quello il genere di durezza che interessa a latitudini in cui il codice della strada diventa una appendice di OnlyFans, e si vede davanti fari abbaglianti, intermittenti, codice Morse a luci rosse e giustamente perplesso, anche un po’ inquietato, si rinserra nelle spalle e si rifugia di corsa nell’abitacolo. Poi forse capisce, sorride e si allontana con una certa velocità, non sapendo che il giorno dopo sarà divenuto una recensione negativa sui siti, dove c’è scarsa tolleranza per le occasioni mancate. Non ci sono, purtroppo, associazioni di tutela dei consumatori, in questo settore. E invece servirebbero. C’è chi ha visto troppo porno, chi ne ha visto troppo poco, chi ingenuo si presta a credere che ogni riga letta sui siti sia ineludibile, ineluttabile verità.
C’è chi parte con una premessa confondendola con una promessa, chi si ritrova addormentato nel parcheggio, la testa reclinata sul volante fino ai bagliori del primo giorno quando l’alba rosseggia all’orizzonte, ci sono i camionisti, le coppie vere, certo, i guardoni altrettanto veri, i singoli, gli omosessuali, le trans, in un intreccio caotico e laoocontico di gusti, orientamenti e tabù che si intersecano in un ordine spontaneo della lussuria. C’è la confusione, a volte. Il brivido proibito dell’oscenità in luogo pubblico, epitome di una trasgressione quasi ministeriale. E poi ci sono la solitudine, la disperazione esistenziale, chi confonde il silenzio metallico di un parcheggio per una domenica a casa dei parenti con le pastarelle sotto braccio, un tempo infinito in cui si è calati nell’illusione di poter socializzare e in cui il sesso casuale, promiscuo, stradale, diventa solo certificazione desolata di esistenza in vita.