Foto Ansa 

Roma Capoccia

I primi bimbi ucraini arrivano nelle scuole

Gianluca De Rosa

Un pomeriggio alle elementari della Fratelli Cervi, al Corviale, l’accoglienza tra sorrisi e tanta buona volontà

Né musica, né applausi, né bandiere. L’arrivo all’istituto Fratelli Cervi della piccola Alina (nome di fantasia come quello degli altri bambini presenti nell’articolo) è avvenuto in sordina. Senza le fanfare, l’enfasi, ma anche la commozione dei primi bambini ucraini arrivati in una scuola di Pomigliano d’Arco due giorni fa. Festeggiamenti filmati che hanno fatto il giro dei tg. Una scelta precisa fatta dalla vicepreside Mara Di Teodoro e dai docenti della scuola, più blocchi di cemento armato ingentiliti da una passata di vernice bianca, stretti tra il quartiere Bravetta e Corviale lungo via di Casetta Mattei. “Guardando quelle immagini in tv abbiamo pensato che forse anche noi avremmo dovuto organizzare un’accoglienza del genere, ma non ci è sembrato il caso, questi bambini stanno affrontando un periodo terribile, cercano normalità, abbiamo pensato fosse meglio non metterli al centro dell’attenzione”, spiega la dirigente scolastica. Insieme ad Alina, che ha 11 anni ed è stata inserita in prima media, ieri mattina alla Fratelli Cervi, dovevano arrivare altri due bambini ucraini, un maschio e una femmina di 8 anni.

 

 

Sono tutti ospiti, insieme a mamme o nonne, della casa famiglia di Suor Paola, la religiosa tifosissima della Lazio (nel suo studio ci sono più stemmi del club biancoceleste che crocifissi) che da anni accoglie bambini e donne vittime di violenza. Dall’inizio della crisi ucraina ha accolto oltre venti persone proprio a pochi passi dalla scuola. “Non è stato né il comune, né l’ufficio scolastico regionale a chiamarci – racconta Di Teodoro – è stata direttamente Suor Paola: ‘loro devono stare da voi’, ha detto, e così abbiamo cominciato ad attrezzarci, solo che i due bimbi più piccoli inizieranno a frequentare dalla prossima settimana perché sono risultati positivi al Covid”. 

 

E così mercoledì mattina è stata solo Alina ad arrivare zaino in spalla davanti al cancello che guarda in lontanza sul colosseo quadrato. In classe i nuovi compagni si sono presentati a turno. Quando è toccato alla bambina, la professoressa d’italiano le ha chiesto di venire a scrivere il suo nome alla lavagna. “E li c’è preso un colpo – ammette Claudia Saotgiu, insegnante di sostegno – la verità è che non avevamo pensato che in Ucraina hanno un altro alfabeto”. Per capirsi ci si attrezza tra inglese (Alina un po’ lo parla, i docenti non tutti) e Google Translate in modalità italiano-ucraino. Dopo poco un po’ di amicizia è stata fatta. “Ci ha detto che il suo colore preferito è il light pink, il rosa chiaro”, dice soddisfatto Edoardo che siede al banco proprio davanti. “E poi – aggiunge un altro bambino – anche a lei piace Micheal Jackson”. Accanto ad Alina intanto si è seduta Cesca “che – ci spiega la prof ridendo – è la più brava di tutte in inglese e fa anche da interprete con gli altri, anche con noi a volte”. “Ci ha spiegato che Alina vorrebbe continuare a seguire scuola a distanza online in Ucraina, ma non so se e come si possa fare”. Per tutte le prime ore capire come comportarsi con la nuova arrivata non è semplice. “La situazione – dice la vicepreside Di Teodoro – genera delle serie difficoltà didattiche. Tutti speriamo che loro possano tornare al più presto a casa, ma nessuno sa quando e se questo sarà possibile, così dovremmo calibrare poco alla volta cosa fare: se fosse un inserimento di qualche settimana ci potremmo anche limitare a farli socializzare, sennò bisognerà pensare a un’ integrazione didattica seria”. 


La guerra in Ucraina aveva sortito i suoi effetti alla Fratelli Cervi anche prima dell’arrivo di Alina. “In 2C – racconta la professoressa di Matematica Silvia Di Giandomenico – c’è una bambina russa, due giorni fa l’ho trovata al banco in lacrime. Mi ha raccontato che i compagni le dicevano ‘siete degli invasori, non ti vergogni?’”. Indiretti effetti di geopololitica scolastica. D’altronde l’infanzia è senz’altro ingenuità, e quindi anche ingenua perfidia. “L’altro giorno un bambino di seconda media mi diceva tutto tronfio ‘prof. arriveranno pure i nuovi compagni ucraini, ma io glielo devo dire sto con Putin’”. Non finisce qui. “Il giorno dopo – prosegue l’insegnante – ho trovato un’altra bimba che piangeva, è della Moldova, ed è preoccupatissima che suo padre possa andare in guerra, tranquillizzarla non è stato semplice”. Anche in classe di Alina c’è un ragazzo nato in Italia, ma da genitori russi, Sergei. “E’ stato da subito molto carino con lei, anche se il russo non lo sa e quindi come gli altri prova a parlare in inglese. Appena ha saputo dell’arrivo della nuova compagna ci ha detto ‘dobbiamo far di tutto per farla star bene”. Intanto alla quinta ora Alina ha potuto insieme agli altri bambini cominciare a suonare l’oculele, la piccola chitarra che in molte scuole con la pandemia ha sostituito l’ormai pericolosissimo flauto dolce. Adesso si parla di videogiochi, gliene piace uno che sembra andare forte anche tra i compagni. Ognuno vuole dire la sua. Così, mentre la classe discute sulle preferenze in materia, Alina scrive un bigliettino su un post-it verde e lo passa alla compagna di banco che lo legge e sorride. Senza troppo rumore, e in mezzo a mille incertezze, anche alla Fratelli Cervi l’accoglienza sta funzionando.
 

Di più su questi argomenti: