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Roma Capoccia

Il Gra è l'anello nuziale del traffico di Roma

Andrea Venanzoni

Torrenti di metallo affettano una coltre padana di smog su una delle autostrade più trafficate in assoluto in gestione dell’Anas. Storia del Grande Raccordo Anulare, tra film e libri

Simile a un serpente dalle spire ingrigite dai gas di scarico, il Grande Raccordo Anulare si dipana come un primordiale Uroboro, simbolo circolare dell’alchimia e della connessione tra inizio e fine giusto giusto declinato nella dimensione della mobilità.


Nonostante il nome istituzionale sia quello di A90, autostrada tangenziale senza pedaggio, per i Romani, in un impeto che come in tutti i miti fondativi ha intrecciato dramma e nebbie, esiste solo il Gra, spesso abbreviato nelle interlocuzioni da bar e pronunciato come un gracidare cacofonico. Cosa che suona come omaggio non istituzionale al suo ideatore, l’ingegnere e direttore generale Anas Eugenio Gra.

Ha una circonferenza di circa 21 km, e si sviluppa in un cerchio esoterico di 68 km, contraddistinto da 33 uscite numerate, posizionate l’una a 2 km di distanza dall’altra: che sia entrato nei discorsi e negli incubi dei Romani è facile intuirlo visto che sin dalla sua progettazione e realizzazione, che rimontano alla nascita della Repubblica, il Gra è una delle autostrade più trafficate in assoluto in gestione dell’Anas.

Torrenti di metallo affettano una coltre padana di smog, risalendo di uscita in uscita, tra svincoli, intersezioni e incolonnandosi lungo le tre corsie che in alcuni punti promettono file da Grande Armée in ritirata. Nel 2013, Gianfranco Rosi fece uscire il documentario “Sacro Gra”, col quale documentava i due anni che aveva trascorso a bordo di un piccolo furgone, tutti spesi lungo le direttrici della autostrada urbana; ha raccolto testimonianze, aneddoti e il sedimentarsi, lento ma inesorabile, di una umanità spesso alla deriva che si assembla negli interstizi del Gra stesso, tra piccoli accampamenti, capanne e una preoccupante disurbanizzazione episodica o che pure, pur formalmente vivendo più lontano dal Gra, finisce per convergere inevitabilmente verso di esso.

Un principe decaduto, l’ultimo pescatore di Anguille del Tevere, un barelliere del 118, un botanico in perenne lotta contro il punteruolo rosso, storie in apparenza radicalmente diverse ma accomunate appunto dal cordone ombelicale di asfalto e storie infrante rappresentato dal Gra.

Significativamente il film si è aggiudicato il Leone d’Oro al Festival veneziano del cinema. Il documentario ha preceduto di pochi mesi il libro “Sacro romano Gra”, di Nicolò Bassetti e Sapo Matteucci, uscito per la Quodlibet e ispirato al saggio “Una macchina celibe” di Renato Nicolini: un testo spinto dal desiderio di proporre una riflessione finalizzata alla riqualificazione del tessuto urbanistico strutturatosi attorno l’anello viabilistico.

Al Grande Raccordo Anulare dedica massima importanza il Piano Generale del Traffico Urbano capitolino, approvato nel 2015 con la delibera della Assemblea Capitolina 16 aprile 2015, n. 21 ; a pagina 13 leggiamo “il Gra in particolare si è trovato in questi ultimi due decenni ad assolvere molteplici compiti: servire gli spostamenti di lunga e media distanza, collegare con adeguate intersezioni i tronchi della Grande Rete e della Rete Primaria urbana ed extraurbana, migliorare l’accessibilità tra il centro principale ed i centri minori dell’area esterna. E’ sotto agli occhi di tutti il fatto che, per il progressivo accrescersi degli insediamenti abitativi nella corona extra-Gra del Comune di Roma, il Gra entri spesso e in più punti in sofferenza”.

Nonostante il tessuto viario sia stato ampliato nel 2000, in epoca di lavori giubilari, appare evidente a chiunque percorra l’autostrada la sua insufficienza, alla luce dell’enorme carico antropico che le grava addosso: da un lato, il Piano del traffico dovrebbe essere rivisto e riaggiornato, dall’altro dovrebbe essere ripensata radicalmente la mobilità e la fisionomia stessa del Gra, visto il peso antropico e veicolare chiamato a sostenere.

Ma fino ad allora, consoliamoci con i versi di Corrado Guzzanti che imita Antonello Venditti, ‘E allora vieni con me, amore / sur Grande Raccordo Anulare, che circonda la Capitale / e nelle soste faremo l’amore, / e se nasce una bambina poi la chiameremo Roma.

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